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Linee di tendenza nell’iconografia monetale dell’antichità

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Linee di tendenza nell’iconografia monetale dell’antichità

La tesi generale che vorrei illustrare a grandi linee è quella di un graduale spostamento iconografico verso tematiche sempre più “umane”, iniziando dal periodo arcaico (VII secolo a.C.) e muovendo verso la caduta dell’Impero di Occidente; con un certo impoverimento (tendenza an-iconica) alla fine.
I riferimenti bibliografici fondamentali sono gli studi sul significato delle immagini condotti nell’ambito del LIN (Lexicon Iconographicum Numismaticae Classicae et Mediae Aetatis) dalle cattedre di Numismatica delle Università di Messina, Bologna, Genova e Milano. In particolare, ho considerato i contributi di M.Caccamo Caltabiano pubblicati nella collana Semata e Signa (anzitutto, “Il significato delle immagini”, ed. 2007). I contributi sull’argomento sono ovviamente molto numerosi e molto antichi, a partire dal Rinascimento, ma questa ricerca tuttora in corso li riprende e riassume in gran parte.
Devo precisare che mi sono limitato ad una riflessione sulle immagini, trascurando la componente scritta. So bene che questa scelta esclude tutto un settore di indagine, ma l’approfondimento in parallelo dei due aspetti (sicuramente complementari; oppure, secondo alcuni ricercatori del LIN, in sostanza equivalenti, benché diversamente espressi) sarebbe stato per me troppo complesso.

Nella monetazione greca, i contenuti propriamente umani (nel senso: raffigurazione dei comuni mortali) sono rari, inizialmente del tutto assenti. L’unica eccezione, probabilmente, è rappresentata dalla figura dell’atleta (a volte, due atleti in lotta), più o meno circonfuso da un’aura “eroica”.
Prevalgono in modo assoluto le divinità, sia antropomorfe che composite (ad esempio il toro androprosopo come divinità fluviale), i semidei e le figure mostruose (satiri, ninfe, gorgoni, sfingi, ippogrifi, ecc.)
Talvolta, solo un piccolo dettaglio (segno caratteristico) ci svela la natura divina e l’identità del rappresentato, ad es. le piccole corna di alcune divinità fluviali giovanili.
Nelle divinità va inoltre differenziato l’aspetto denotativo, più generale, che permette di individuarle (Apollo, Hera, Atena), da quello connotativo, che le colloca in un contesto più preciso (Apollo Dafneo invece che Delfinio, Artemide Efesia oppure Anaitis, ecc.)

Atene, dopo il 420 a.C., Tetradrammo
(InAsta n° 28 del 23/11/2008, Lotto 105)

Gli animali, molto comuni, sono spesso in stretto rapporto con le divinità: la civetta sacra ad Atena; l’aquila collegata a Zeus; il toro, oggetto di sacrificio; il leone, collegato alla regalità/divinità ma anche simbolo solare in oriente; il delfino legato a Poseidone. Alcuni animali invece hanno un rapporto totemico (mi si perdoni il termine ottocentesco!) con la città, spesso con valore eponimo: il granchio per Agrigento, la foca per Focea, il toro per Thoùrion, il leone per Leontini, ecc.

Né sono rarissimi, benché non frequenti, le piante ed i loro frutti: la rosa per Rodi, il sedano selvatico a Selinunte, la spiga in molti centri magnogreci, il silfio a Cirene, il seme di grano o d’orzo (forse segno di valore o legato ad una misura, oltre che al concetto di nutrimento), la mela a Melos, la palma in molti territori fenici e punici.

Macedonia, Alessandro III, 336-323 a.C., Tetradrammo
(InAsta n° 50 del 3/7/2013, Lotto 117)

Non mancano neppure gli oggetti inanimati, anzitutto le armi (lancia, freccia, pugnale, arco, scudo, elmo) ed altri manufatti (tripode, tridente, fiaccola, ruota, lira…). Le figure autenticamente umane sembrerebbero quindi oggetto di un tabù, quasi che, se raffigurate sulle monete, pretendessero di elevarsi ad un rango divino. Una prima svolta sembra prepararsi con Alessandro, anche se egli fece la scelta ambigua di rappresentarsi come Ercole con leontea (così come, nelle monete di suo padre Filippo 2°, il volto barbuto è ufficialmente di Zeus, anche se allude al sovrano macedone). I suoi successori furono invece più espliciti: Seleucidi, Tolemei e tutta la dinastia macedone non ebbero problemi a farsi raffigurare coi loro connotati fisionomici.

Ad occidente, uno dei primi ritratti di sovrano vivente è quello del siracusano Gerone, sul grande bronzo che riporta anche il suo nome al rovescio, sotto l’immagine del cavaliere. Insomma il basileos ellenistico, che emette la moneta e ne garantisce la bontà, ritiene ormai suo diritto occuparne il lato principale (il diritto, appunto), che all’origine era riservato alla divinità protettrice della città e dello stato. C’è contemporaneamente una maggiore o minore “divinizzazione” del regnante; quindi, non è certo un uomo comune quello che trova spazio sulla moneta.

 La presenza frequente di animali o piante va interpretata, credo, come una profonda attenzione e sensibilità verso la natura, sempre presenti nel mondo greco. Una natura osservata minuziosamente e razionalmente, ma considerata chiara espressione dell’ordine del mondo voluto misteriosamente dagli dei.