Il gettone da 50 di Alfonso Sanseverino Vimercati è una di quelle storie emblematiche e particolari degne di attenzione e da raccontare.
Poniamo subito all’attenzione del lettore il gettone in questione con le sue caratteristiche per capire di cosa stiamo parlando :
D/ Testa di profilo del Vimercati, in leggenda Alfonso Sanseverino Vimercati con la data del 1893
R/ Torrione medievale ( dongione ) di Villa Griffoni Sant’Angelo a Castel Gabbiano ( Cremona ), in leggenda in alto cinquanta, in basso CASTELGABBIANO, nel campo il numero 50 col torrione in mezzo tra il 5 e lo 0.
Diametro mm. 27,2 – peso gr. 6,89 – lega argentata
Provenienza : Asta Cronos 6 – primavera 2012 – lotto 629
Le domande che ci siamo posti e alle quali cercheremo di rispondere sono: chi fu Alfonso Sanseverino Vimercati? Perché Castel Gabbiano e il suo torrione? Perché fece coniare nel 1893 un gettone da 50 e a che scopo servì lo stesso?
Partiamo da Alfonso Sanseverino Vimercati: nasce a Milano il 28/01/1836, figlio di Faustino, conte di Castel Palazzo, titolo concesso con ducale veneta del 18 dicembre 1577, con sovrana risoluzione di conferma del 29 giugno 1827, con decreto ministeriale di riconoscimento del 22 luglio 1940, si laurea in ingegneria all’Università di Pavia.
Vive a Milano e si sposa con la contessa Giulia Tarsis da cui ha quattro figli.
Ricopre diversi incarichi nelle istituzioni del Regno d’Italia, prima come consigliere comunale a Milano, poi ne diventa assessore nel periodo dal 1873 al 1879, è anche consigliere provinciale di Cremona, poi viene nominato Prefetto di Napoli per 8 anni dal 1881 al 1888, diventa senatore del Regno d’Italia nella XIII legislatura, è membro della sinistra moderata durante tutti i governi della sinistra storica.
Ricopre incarichi prestigiosi ed importanti nella sua fulgida carriera lavorativa, prende parte alla fondazione di imprese che diventeranno simboli dell’economia italiana come la Riva e la Pirelli, diventa presidente della Cassa di Risparmio di Lombardia, presidente della Banca Popolare di Milano, successivamente è tra i soci fondatori, tra l’altro l’unico italiano, della neonata Banca Commerciale Italiana di cui diviene presidente dal 1894 al 1907.
E’ inoltre presidente della Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo e presidente della Società Anonima Commerciale Italiana per il Benadir.
( Immagine tratta da ” Castel Gabbiano ” ” Un Comune piccolo….una lunga storia ” di Carlo Piastrella )
E qui ci fermiamo, ma la vita di Alfonso Sanseverino Vimercati è ricca di riconoscimenti politici, sociali, la sua carriera lavorativa è a dir poco prestigiosa, le onorificenze ricevute tantissime.
Le origini da cui deriva sono importanti, il padre conte Faustino, è anch’egli uomo molto conosciuto, con una carriera politica significativa, è un riferimento della vita culturale, sociale e amministrativa della sua epoca.
Oggi Alfonso Sanseverino Vimercati lo definiremmo un uomo di grande successo, famoso, influente in ogni settore della vita civica, ma nel contempo anche un uomo benvoluto e generoso.
Ma i Sanseverino Vimercati erano anche importanti e ricchi possidenti terrieri e immobiliari con numerosi fondi agricoli tra le loro proprietà che si estendevano nella zona compresa tra Crema, Cremona, Lodi arrivando a lambire la provincia bergamasca.
( Immagine tratta da ” Conoscere per amare ” di Emilio Cantoni ” )
I Sanseverino Vimercati, famiglia appartenente alla migliore nobiltà cremasca, rilevano le proprietà dalla storica famiglia dei Griffoni Sant’Angelo, signori di Castel Gabbiano nel XV secolo.
Sarebbe lungo elencare le numerose proprietà fondiarie e immobiliari della zona che furono dei Sanseverino Vimercati, di certo risultarono essere la famiglia di riferimento e di prestigio di questa area e fornirono tra l’altro lavoro a molte persone nelle loro aziende agricole.
Alfonso Sanseverino Vimercati eredita nel 1878 dal padre Faustino oltre a tutti i possedimenti anche la Villa Griffoni Sant’Angelo di Castel Gabbiano.
Ne diviene la sua dimora abituale di villeggiatura ma anche base per seguire e controllare i suoi vari interessi nella zona.
Gabiano anticamente, poi Gabbiano e dal 1862 Castel Gabbiano è un piccolo borgo costruito intorno al castello, che esiste fino al 1600, con la sua torre che rimane nel tempo e ne diventa il simbolo; intorno abbiamo il piccolo borgo rurale con forma quadrata, difeso da una struttura con mura e fossato.
Nel secolo XVIII il castello è sostituito dalla villa, assume la funzione di casa di villeggiatura gentilizia con grande giardino all’italiana e l’antico borgo diventa azienda agricola.
Ma l’antica torre rimane ed è tuttora lì per chi volesse vederla, come ricordo e testimonianza storica del complesso feudale.
La torre e anche la villa ancora oggi sono il simbolo di questo piccolo paese composto attualmente da circa 500 persone.
La Villa Griffoni Sant’Angelo è considerata una delle più belle e rappresentative dimore della Lombardia, probabilmente costruita tra la fine del 1600 e i primi del 1700; l’architetto della stessa potrebbe essere stato Giovanni Ruggeri, uno dei preferiti dell’aristocrazia lombarda dell’epoca.
La villa è considerata da molti “ un unicum “ architettonico, di certo l’architetto volle mantenere inalterata la torre attigua alla costruzione, lasciando quella atmosfera medievale che tuttora si respira vedendola.
( Immagini sopra e sotto tratte da “Castel Gabbiano” “ Un Comune piccolo…una lunga storia” di Carlo Piastrella )
Ma come lo descrivevano gli abitanti della zona Alfonso Sanseverino Vimercati? Ne parlano di lui Carlo Piastrella ((Piastrella, 2004)) in “Castel Gabbianoˮ e Don Emilio Cantoni ((Cantoni, 2004 )), per molti anni parroco del paese e scomparso da poco, in “ Conoscere per amare ˮ: viene descritto come un uomo generoso, instancabile, attento ai problemi della comunità, benemerito per vari lavori quali l’ampliamento e la ristrutturazione del cimitero con relativa donazione dei suoli, per gli interventi a favore dell’irrigazione e per aver fatto scavare tre fontane nel territorio comunale a cui diede il nome delle tre figlie.
Tra l’altro Alfonso Sanseverino Vimercati riposa, dalla sua morte avvenuta nel 1907, nel cimitero che lui volle fosse costruito nella sua amata terra di Castel Gabbiano.
Ma veniamo dopo questa descrizione, al perché un uomo come il Sanseverino Vimercati decide ad un certo punto ed esattamente nel 1893 di far coniare un gettone a suo nome.
Il gettone viene coniato solo nel 1893 e da questa data possiamo fare la prima considerazione: in “ Miscellanea Numismatica ˮ del 1920, periodico diretto da M.Cagiati in un articolo dal titolo “Gettoni contemporanei di necessità”, leggiamo che il 1893 è un anno nel quale si aggrava in modo molto evidente la penuria e mancanza di moneta spicciola.
Alfonso Sanseverino Vimercati era uomo che conosceva la finanza, l’economia, le leggi, certamente era a conoscenza per esempio di quello che fece l’intraprendente Cavaliere Giuseppe Chierichetti con i famosi gettoni del Caffè Cova che gestiva a Milano.
I gettoni Cova vengono coniati inizialmente nel 1868 e continueranno fino al 1909.
Il Chierichetti sfrutta un momento in cui manca la moneta spicciola e bisogna in qualche modo sopperirne; in questo contesto utilizza il suo gettone per motivi di ostentazione personale, ma soprattutto manda agli utilizzatori un messaggio di promozione commerciale.
Gettone da 1 lira in argento del 1873
D/ Testa a destra di Giuseppe Chierichetti
R/ Stemma del Cova e valore
gr.5,34 – diametro 25,6 mm.
Provenienza Collezione privata
Gettone da 20 centesimi in rame del 1873
D/ Testa a destra di Giuseppe Chierichetti
R/ Stemma del Cova e valore
gr.10,53 – diametro 31,8 mm
Provenienza Asta Cronos 6 – Primavera 2012 – lotto 623
Il suo volto sul gettone con la leggenda in latino IOSEPH CHIERICHETTVS PRIMVS con quel rafforzativo messo ad arte del PRIMVS la dice lunga sul desiderio dello stesso di apparire.
Il Chierichetti è indubbiamente abile a inserirsi col suo gettone in un momento di crisi di circolante, di fatto lo stesso diventerà per Milano e non solo, moneta riconosciuta e usata dai meneghini.
Il Piantanida ((Piantanida, 1969)) nel suo “ I Caffè di Milano “ ritiene che le emissioni furono regolamentate e autorizzate dallo Stato previo deposito dell’equivalente in oro del valore dei pezzi coniati, quindi l’operazione con questa garanzia statale permetteva anche al Chierichetti, indubbiamente uomo che amava osare, di mettere sui suoi gettoni oltre ai valori numerici, anche le lettere L per lira, la parola centesimi per i sottomultipli e soldi per le prime emissioni coniate.
Il quadro in cui nasce il gettone di Alfonso Sanseverino Vimercati è quello, che lui conosceva benissimo, di una notevole depressione economica e monetaria, che parte dal 1886 e arriva a tutto il 1893.
Nel 1893 abbiamo la nuova Legge Bancaria che intende risanare la circolazione e riordinare la materia monetaria italiana ma gli effetti positivi di tutto questo si incominceranno a sentire solo alcuni anni dopo.
Lo Stato fu inflessibile a negare emissioni fiduciarie ai privati, ma si mostrò tollerante per quelle ad uso esclusivo dei soci e dei rapporti interni delle loro società ed aziende.
E’ in questa situazione che Alfonso Sanseverino Vimercati decide la coniazione del suo gettone; le motivazioni crediamo siano molteplici, intanto il conte, uomo che viveva e si muoveva nel mondo della finanza la conosceva bene e sapeva fino a dove poteva arrivare, era un uomo di successo, conosciuto, stimato, volle secondo noi coniarlo come ricordo e regalia per chi abitava nei territori dove aveva i possedimenti e dove spesso viveva e lavorava.
Decide di mettere il suo volto di profilo, il suo nome per esteso e qui certamente entrano anche motivazioni di ostentazione e prestigio personale, ma inserisce anche il logo del posto, del suo amato Castel Gabbiano dove spesso soggiornava e viveva con l’immagine fedele e precisa del torrione medievale con sotto il nome del paese.
Quindi ostentazione, identità, ma essenzialmente regalia generosa e ricordo per le persone importanti del posto e non solo; la fattura è ottima, la lega argentata conferiva al gettone eleganza e anche piacere in chi lo riceveva.
Si appoggia per la coniazione a Farè Enrico, il cui cognome compare nel gettone sotto il suo volto di profilo.
Il Farè è un noto incisore milanese, la cui attività si sviluppa tra il finire del 1800 e l’inizio degli anni trenta; Vittorio Lorioli ((Lorioli, 1995 )) in “Medaglisti e incisori italiani del XX secolo” ce lo descrive così: “dotato di notevoli capacità, oltre a ritoccare gli stampi in acciaio, fu in grado di creare lui stesso modelli per medaglie; in questa duplice veste ha realizzato un cospicuo numero di esemplari, in una varia tematica di soggetti.”
Il Farè lavorò nei famosi stabilimenti Johnson di Milano.
Quindi il Sanseverino Vimercati cercò tra i migliori incisori milanesi e il risultato finale, anche di immagine personale, è sicuramente lusinghiero.
Ma conoscendo il momento in cui venne coniato il gettone, il 1893, il Sanseverino Vimercati non poteva non sapere e conoscere le leggi vigenti, ma anche la situazione del circolante.
Non potendo il gettone essere equiparato a moneta, mette sullo stesso solo il numero 50, col 5 prima del torrione e lo 0 dopo, ma non mette la parola centesimi, non avrebbe potuto farlo.
Altri successivamente fecero altrettanto, come la ditta Biraghi che nel 1966 mette solo 500 ma non aggiunge lire, perché non può, ma anche il Biraghino poi alla fine circolò anche fuori della ditta, sempre perché il periodo del 1965/66 era stato contrassegnato anch’esso dalla mancanza di spiccioli e in particolare di monete argentee da L. 500, come evidenziato anche giustamente da Cesare Gamberini di Scarfèa ((Gamberini di Scarfèa, 1974)) in “ Quando mancano gli spiccioli…”.
Il gettone, come testimoniano anche oggi i vecchi del posto e dai ricordi del parroco di Castel Gabbiano don Emilio Cantoni, fu anche dato ai lavoratori del posto delle varie aziende agricole del Sanseverino Vimercati; diventò in realtà oltre a regalia, anche moneta spicciola utilizzata solo nell’ambito locale, grazie anche all’effigie, al prestigio e la garanzia data dallo stesso.
Certamente il momento fu propizio e opportuno per farla diventare all’occorrenza utile per piccoli scambi monetari locali tra gli abitanti e i lavoratori della zona.
Alfonso Sanseverino Vimercati quando lo coniò sicuramente sapeva tutto questo e del possibile e probabile duplice utilizzo del suo gettone nel suo paese e nei dintorni; oggi lo possiamo anche vedere come un atto di amore nei confronti del “ suo Castel Gabbiano ˮ dove ora riposa in pace con un ricordo da parte della cittadinanza come quello di un uomo generoso che si prodigò e amò molto questa terra.
Articolo scritto con GIAN BATTISTA NIGROTTI.