CONCLUSIONI
E’ possibile sintetizzare un “movimento” della iconografia monetale, dagli esordi delle coniazioni in Lydia al Tardo Antico? A mio avviso, sono giustificate almeno alcune riflessioni generali.
Occorre anzitutto ricordare che, all’inizio, le immagini impresse sul metallo sono assai ridotte, quasi sempre anepigrafi o con tracce del solo etnico, insomma risultano sostanzialmente dei “sigilli”.
Il più esplicito di essi è certo quello che accompagna la cerva di Efeso: SEMA EIMI PHANEOS, “questo è il segno di Fanes”. E’ anche la prima moneta conosciuta che sia provvista di una legenda.
Nei primi secoli la monetazione ha un rapido sviluppo, quantitativo e qualitativo, mantenendo però una sorta di linearità. L’autorità emittente si distingue sempre chiaramente: essa sceglie quale proprio simbolo una divinità venerata localmente (che è sempre immanente alla natura), o un elemento naturale (es. un animale sacro), fortemente pervaso dal divino. A partire dal periodo ellenistico, al diritto della moneta compare (quasi senza eccezioni) il ritratto del sovrano regnante, se si tratta di monarchie. Negli stati a costituzione repubblicana, come a Roma fino al I secolo a.C., permane la figura divinizzata della Polis in quanto nume fondatore/protettore (Roma-Bellona) (( Queste considerazioni si riferiscono all’ambito greco-romano ed ai regni ellenistici, ma in larga misura anche all’ambito punico, con la rappresentazione frequentissima di Tanit e talvolta di Melquart, Bet o altre divinità maschili. Non possono invece applicarsi alla monetazione celtica, se non in modo estremamente limitato. )).
Pian piano, soprattutto nella monetazione romana, la presenza e l’attività umana si aprono maggiori spazi, descrivono le loro battaglie ed i loro successi. L’autorità emittente (qualunque sia la forma di governo) campeggia in modo evidente sulle monete, che diventano l’illustrazione delle gesta del sovrano e/o dei cittadini liberi.
Se si tratta di un principe, sia il D che il R della moneta spesso celebrano i suoi titoli, le sue iniziative ed i suoi successi (Adventus, Britannicus, Alamannia Devicta…).
Col passare dei secoli, le rappresentazioni propriamente umane sembrano acquistare sempre maggior peso. Verso la fine dell’Impero Romano di Occidente esse tuttavia si traducono in messaggi più astratti, meno incisivi, di valenza più generale.
I simboli cristiani, prima appena accennati, tendono a dilatarsi e preludono a quella uniformità e fissità iconografica che troveremo nelle monete dell’Impero d’Oriente bizantino: quando la presenza di un dio trascendente si impone, le opere dell’uomo e le loro rappresentazioni passano necessariamente in secondo piano.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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