amalgamati e riempiono le zone tra i grani cristallini più arricchiti in rame (confrontare con Figura 20)
Sulla superficie si osserva invece la presenza del piombo, nelle caratteristiche isolette mentre ad ingrandimenti maggiori si nota una somiglianza strutturale con la figura precedente:
Il tondello globulare è stato più volte battuto allo scopo di appiattirlo e successivamente è stato “coniato”, con preliminare riscaldamento, utilizzando una riproduzione di moneta romana per imprimere sulla superficie l’immagine incusa. Una possibilità che non è stata presa in considerazione dalla letteratura numismatica è quella di poter ottenere, all’uscita dalla zecca, monete con una superficie ossidata con tenorite (CuO), e quindi già scure invece ché color rame/bronzo, a causa dell’esiguità dell’ossigeno nella brace di riscaldamento con l’instaurazione di condizioni riducenti.
Per quanto riguarda la “stagnatura” come dimostra la teoria, e come evidenzia l’osservazione diretta (Figura 24), una battitura di questo metallo sul tondello non sarebbe stata possibile. La lega ottenuta presenta notevole fragilità e, di conseguenza, sarebbe stato irrealizzabile procedere alla coniazione diretta del pezzo, difatti nei bronzi all’aumentare del contenuto in stagno si accrescono le proprietà di durezza ma, di contro, si amplifica la fragilità.
L’ipotesi al momento più valida, alla luce di tutti gli elementi raccolti, resta perciò che si sia proceduto alla falsificazione applicando il metallo allo stato fuso sulla superficie. Le bollosità osservate precedentemente trovano una risposta nel riscaldamento ad elevate temperature in fase successiva alla coniazione, come è stato provato anche sperimentalmente e osservabile in Figura 25.