MMXI
Alla memoria di Nino Rapetti ,
“Magni nomini umbra stat”
Introduzione
Questo breve saggio che mi accingo a scrivere si prefigge lo scopo di esplicare in poche pagine le vicende legate alla Pontificia Zecca di Terni che operò nel brevissimo periodo compreso tra il 1797 e il 1799. Per facilitare il lettore ho ritenuto opportuno dividere l’opera in due parti: la prima in cui cercherò di ricostruire la storia dello stabilimento monetario ternano illustrando non solo l’aspetto strettamente legato alla numismatica , ma anche riportando i principali eventi di questa città nel XVIII secolo. La seconda parte invece destinata ai collezionisti in cui elencherò e cercherò di mostrare le differenze tra i vari coni di queste monete che sotto il profilo numismatico rappresentano delle vere e proprie rarità.
A questo punto riporto al lettore alcuni minimi cenni storici sulla città di Interamna; città che vanta la sua nascita, come ci è narrato da alcuni storici dell’antichità ((Tito Livio e Plinio il Vecchio ; Cfr. Mss. Anonimo –XVIII sec. ”Dell’Antica Origine della Città dei Taciti” –Collezione Privata.)), 81 anni dopo la fondazione di Roma . Durante il I secolo d.C. furono edificati templi, il teatro, due terme e l’anfiteatro Fausto che ancora oggi rimane a testimonianza della passata opulenza. Terni è da sempre ritenuta la patria del celeberrimo scrittore romano Publio Cornelio Tacito e degli imperatori Marco Claudio Tacito e Marco Annio Floriano i cui saccelli , presenti fuori le mura cittadini ,furono purtroppo distrutti nel 1575. ((Cfr. Mss. “Sulle tombe dei Tre Tacito”, Ettore Sconocchia 1907 – Collezione Privata)) Di questa città fu vescovo San Valentino ,protettore degli innamorati e vi sorgono tutt’oggi il convento e la chiesa che vide nel 742 il solenne incontro tra Liutprando e il Santo Pontefice Zaccaria, in seguito al quale il re longobardo fece atto di rinuncia al possesso dei castelli occupati in quell’anno, compreso Narni, e definì un nuovo assetto territoriale del suo regno nell’Italia centrale. La città assumerà maggiore rilievo tra il XVII e il XIX secolo quando alti prelati ,come il Card. Luigi Gazzoli e il Card. Saverio Canale, ed illustri letterati ,come Giuseppe Petrucci ,che tradusse in italiano Tacito , la onoreranno svolgendo importanti cariche nella Curia Romana tanto da essere scelta per ospitare il pontefice Pio VI Braschi nel 1796.
La Zecca di Terni
“Siamo venuti nella determinazione di permettere che nella Nostra Città di Terni possono il Marchese Sciamanna e Cavalier Paolo Gazzoli intraprendere a tutte loro spese la battitura delle monete di rame”. Con questa dichiarazione di Pio VI del 1797 si autorizza la nascita della zecca. La città in quel periodo era di grande interessamento per il governo pontificio tanto da farvi aprire nel 1794 una ferriera , una fabbrica di lavorazione di lastre di rame e risulta esservi già nella zona , nei pressi di Polino, una miniera d’oro il cui prodotto si dice sia stato usato per la coniazione ,a Roma, degli zecchini di Clemente XIII datati 1761 ((Cfr. “Le Miniere di Narnia: Ritrovata la miniera d’oro” – Alvaro Caponi ,2009.)). La presenza dell’opificio per le lastre di rame rendeva ,senza dubbio, più facile le operazioni di battitura evitando di dover acquistare la materia prima in un altro luogo. In data 1° luglio 1797 Pio VI invia a Mons. Girolamo della Porta una missiva in cui risulta: “ Sono ricorsi al Pontificio Nostro Trono il Marchese Marcello Sciamanna, e il Cavalier Paolo Gazzoli ambedue Patrizi della Nostra Città di Terni, umilmente rappresentandoci come nella Città stessa per abbondanze moltissimo di acque, e per ritrovarsi in essa da molto tempo stabilita la lavorazione delle Lastre di Rame sarebbe molto opportuna l’Erezione di una Zecca per la battitura dello stesso metallo, la quale poi si renderebbe di un sommo vantaggio non solo alla popolazione della Città stessa, ma alle altre ancora circonvicine principalmente in vista del giornaliero pagamento delle Mercedi occorrenti per gli uomini impiegati nell’esercizio dell’agricoltura e delle arti; ed animati dal lodevole desiderio di promuovere li vantaggi della prefata Lor Patria, si sono esibiti di aprire la Zecca della suddetta a tutte loro spese, qualora vi concorra la nostra Sovrana Nostra approvazione” . Il quantitativo preciso di monete che dovrà essere coniato sarà stabilito dal Tesoriere Generale ; le monete dovranno essere da due bajocchi e mezzo, due bajocchi , un bajocco , mezzo bajocco e quattrini. L’incisore dei coni dovrà essere stipendiato dagli stessi Sciamanna e Gazzoli . Nello stesso chirografo pontificio è specificato che le monete coniate dovranno essere custodite in un “gran cassone” che disponeva di cinque serrature e cinque chiavi diverse affinché “detto cassone non debba mai aprirsi se non vi saranno le prefate cinque chiavi e nel medesimo cassone debbano esservi cinque divisioni per collocarvi in ognuna di esse una delle cinque specie di moneta ciascheduna sera, al termine del lavoro , colla presenza di uno dei cinque deputati alla zecca o di un loro delegato ((Cfr. ”La Zecca di Terni” -Ada Bellucci-Ragnotti ,1903.)) ”. Evidentemente il permesso ottenuto non era di gradimento ai due “imprenditori” ; risultava infatti più conveniente ,a parità di materiale, battere i nominali con più alto valore poiché il tempo di produzione e le spese erano identiche. Quindi essi richiesero ,con un’altra missiva ((Cfr. Ada Bellucci Op. cit. pp.12-13 :“Beatissimo padre, il Marchese Marcello Sciamanna oratore e suddito umilissimo della Santità Vostra ossequiamente espone, che in virtù di benigno suo rescritto ,fu, con altro di lui compagno abilitato ad aprire in Terni la Zecca per il conio delle basse monete […]perciò umilmente supplichiamo Vostra Santità che a compimento dei tratti della Sua clemenza voglia degnarsi di accordare l’astensione del suddetto Chirografo anche all’effetto ,che nella stessa zecca oltre la moneta di rame possano coniarsi le Murajole”.)), l’autorizzazione per battere monete in “mistura” ((La “mistura” è una lega di rame, argento e altri metalli quali piombo, ferro e carbone . Da Ada Bellucci Op. Cit. pp.4 : “Una analisi chimica eseguita da mio padre Prof. Giuseppe Bellucci sul metallo di una murajola da bajocchi sei di Terni ,di aspetto bruttissimo, forse argentata semplicemente all’esterno, rilevò la costituzione seguente: Rame 96,6 % ;Argento 3,1%;piombo e ferro :tracce” E’ ,però , più che probabile che l’esemplare esaminato sia stato uno dei tanti falsi dell’epoca scelto proprio a causa del suo “aspetto bruttissimo” non sentendosi di danneggiare un esemplare in buone condizioni.)),le cosiddette Murajole, di più alto valore a discapito delle coniazioni in rame di basso nominale. La richiesta dei due viene accolta con una concessione datata 29 Luglio 1797: “La Santità Sua in riflesso delle circostanze esposte nella presente supplica si è degnata benignamente di concedere al ricorrente Marchese Marcello Sciamanna, e Compagno di Terni la facoltà di battere nella zecca già accordatagli per le monete di rame, anche le monete di bassa lega denominate Murajole nel modo e colle condizioni medesime che è stata accordata ad altri, ed a tenore in tutto del contemporaneo Rescritto della udienza stessa di questo” ((Cfr. Ada Bellucci Op. Cit. pp.13)).In nessun documento si fa menzione delle Madonnine da cinque bajocchi che risultano essere effettivamente l’unico nominale di rame battuto a Terni. A mio parere quindi , si deve ritenere che la coniazione di monete in rame ,autorizzata con un contratto del 22 Agosto ((“…e concede il permesso ed opportuna facoltà di poter intraprendere […] la Battitura delle monete tanto di Rame; quanto dell’altre di bassa Lega…”)), era comunque limitata ai soli nominale che si battevano a Roma e ,nell’Urbe, dal maggio dello stesso anno i valori in rame erano stati limitati ai soli 5 Bajocchi. Non ci è noto quando sia iniziata la battitura ma, è accertato , che le murajole furono le prime perché le Madonnine comparvero soltanto dopo la promulgazione del decreto di chiusura delle zecche minori datato 29 Novembre 1797.
Lo attesta una relazione della Tesoreria Generale riguardante il valore della “Moneta erosa in rame coniata a tutto l’anno 1797 da diversi intraprendenti delle Zecche di Stato”.Al termine della lista troviamo: “Terni, Spoleto ambedue ottennero oltre le murajole anche la zecca di Rame, ma di questa moneta non vi è stata battitura alcuna”. ((Cfr. “Terni. Le monete nel Medioevo e la zecca del 1797” Angelo Finetti pp. 75 -76 .)) Il documento citato dal Finetti è privo di data però si può supporre che le monete siano state coniate nel periodo di quindici giorni concessi dal decreto prima della totale chiusura delle zecche o, addirittura , contravvenendo agli ordini di chiusura. La sede della Zecca ,come riporta la Bellucci e successivamente il Passavanti ((Cfr. Ada Bellucci Op. Cit. pp. 3 ; Cfr. Elia Rossi Passavanti “Terni nell’età Moderna” Roma 1939. pp.269 .)), era situata fuori dalle mura cittadine nei pressi di porta S.Giovanni ,al di là del fiume Nera , nell’attuale Via Campofregoso in un locale poi divenuto proprietà della famiglia Rossi ((Vedi Foto n°4)).
Non è certo se il Passavanti abbia visto l’edificio o abbia semplicemente citato la Bellucci certo è che la zona fu pesantemente bombardata e il suo aspetto fu totalmente stravolto.
La zecca ,come anticipato sopra, ebbe vita breve infatti non ebbe nemmeno cinque mesi di attività produttiva e sei anni di circolazione delle monete ,che, vennero ritirate , insieme a quelle della Repubblica Romana, con la restaurazione del potere Pontificio con un editto del Cardinale Camerlengo Doria Panphili emanato il 31 Dicembre del 1801. Un successivo editto del 1803 firmato dal Tesoriere Generale in data 15 ottobre 1803 sanciva definitivamente l’uscita dal corso legale delle monete coniate prima del pontificato di Pio VII e ,quindi, quelle di Terni. ((Cfr. Ada Bellucci Op. Cit. pp.4)) Nonostante la sua breve esistenza ,o forse grazie a questa, la zecca di Terni produsse dal punto di vista collezionistico delle vere e proprie rarità che tutt’oggi sono ricercate dai collezionisti ;le più rare sono senza dubbio la Murajola da quattro Bajocchi e la Madonnina da cinque. Ora qui di seguito cercherò di elencarle.
Guardando le monete ternane dal punto di vista estetico non ci si trova davanti a belle coniazioni come quelle della zecca di Roma infatti presentano soltanto le iscrizioni necessarie per l’identificazione cioè il nominale , la zecca, il pontefice e l’anno di regno ad esclusione della Madonnina. I coni sono stati realizzati da Mercandetti.