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Il ducato di Venezia – Comparazione stilistica dei conii attraverso i secoli

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Il ducato di Venezia – Comparazione stilistica dei conii attraverso i secoli

APPENDICE

Riconoscimento degli zecchini coniati a nome di Dogi omonimi

GIOVANNI CORNER I° (1625 – 1629)

In cima all’asta è presente la sola bandiera

GIOVANNI CORNER II° (1709 – 1722)

In cima all’asta è presente la sola croce

ALVISE MOCENIGO I° (1570 – 1577)

In cima all’asta è presente la sola bandiera, ovvero la lettera “D” di DVX è fatta a banderuola

ALVISE MOCENIGO II° (1700 – 1709)

In cima all’asta è presente la croce; l’asta è impugnata sia da San Marco, sia dal Doge ed il nome di quest’ultimo è fra due stellette

ALVISE MOCENIGO III° (1722 – 1732)

In cima all’asta è presente la croce; l’asta è impugnata solamente dal Doge, mentre San Marco ha la mano destra alzata in atto di benedirlo; il nome del Doge è fra due punti

ALVISE MOCENIGO IV° (1763 – 1788)

Sono riconoscibili per l’incisione grossolana e artisticamente alquanto scadente. 

Nota:

Ho accennato alla possibilità che taluni visi dei Dogi impressi sugli zecchini, siano stranamente somiglianti alle rappresentazioni che degli stessi conosciamo tramite dipinti e disegni.

E’ una ipotesi più che realistica, se ricordiamo quanto scrive Marin Sanudo nei suoi “Diarii” riferendosi alla elezione del Doge Antonio Grimani (1521 – 1523):

[quote_box_center]”Fo subito, per la Signoria, mandato a dir in Zecha bateseno monede col nome ANTONIO GRIMANI DOXE, videlicet da 16, 8 e 4 soldi; et cussì fo batuto ducati 300. Era a la cassa Masser a la moneda di l’arzento sier Vincenzo Orio qu. sier Zuane. Fo batudo etiam ducati da uno e da mezo nuovi zercha ducati 200. Le stampe erano fate, manchava le letere e la testa a far, e le monede batude, né mancava si non stampar; fo fato la Bolla di piombo”……[/quote_box_center]

Perché attendere l’elezione del Doge per stampare oltre alle “letere” del suo nome anche la “testa”? Certo non è un vero ritratto e tale eventualità è da considerarsi limitata a pochi dettagli e per pochi Dogi; ma in qualche modo la fisionomia dell’eletto doveva essere in qualche modo “ricordata”; un viso più affilato o grassoccio, una barba lunga piuttosto che un viso senza, dovevano essere peculiarità salvaguardate, pur non rinunciando a quell’anonimato formale del Doge al quale la Serenissima, in generale, derogò pochissimo.