La tipologia dell’angelo venne introdotta da Cuniperto (688-700) al rovescio dei tremissi, di peso pieno e di oro quasi puro, dopo la battaglia di Coronate d’Adda contro il duca ribelle Alahis nel 692-693 (( ARSLAN 2001, pp. 273-274. )). Successivamente a Cuniperto, la raffigurazione del San Michele al rovescio della monetazione aurea viene proseguita con Ariperto II (701-712), Liutprando (712-744), Ratchis (744-749 e 756-757), Astolfo (749-756) e infine Desiderio (756-774). Con Ratchis e Astolfo la figura di San Michele subisce una progressiva schematizzazione stilistica, mentre con Desiderio si ha l’ultima rappresentazione dell’Arcangelo nelle emissioni monetali della Longobardia Maior, curiosamente in postura frontale diversamente dalle precedenti raffigurazioni, in un tremisse finora unico, rinvenuto nel ripostiglio di Mezzomerico (( ARSLAN 1978, p. 68, n. 62; BERNAREGGI 1983, p. 167. )). Le coniazioni beneventane continuano invece per oltre un secolo a menzionare l’angelo in legenda fino alle emissioni salernitane (ma giuridicamente beneventane) di Guaiferio (861-879) e Guaimario (880-901) (( SAMBON 1912, pp. 78-79, n. 504. )).
Analizzando queste emissioni sotto il profilo della tipologia iconografica, notiamo che l’innovazione della figura del San Michele introduce un elemento di grande discontinuita` rispetto all’iconografia classica seguita dalle emissioni monetali barbariche che vedeva rappresentate principalmente raffigurazioni astratte, quali la Vittoria o le personificazioni delle citta` emittenti (Ravenna, Roma, Ticinum). La scelta di Cuniperto rompe con la tradizione ed elegge di fatto l’Arcangelo Michele a rappresentante nazionale del popolo longobardo, determinando una scelta carica di significati simbolici e politici (( BERTELLI 2000, pp. 303-305. )), mai tentata in precedenza, mentre anche successivamente si avranno per lo piu` associazioni di santi a citta`, ma molto raramente associazioni di simboli nazionali ad un intero popolo, se non in epoche di molto piu` tarde. Essa appare quindi come una specificita` propria longobarda, esplicitazione manifesta di un potere che derivava al popolo dalla comunita`, contrapposto e indipendente da un’autorita` centrale, quella bizantina, astratta e lontana.
Il culto dell’Arcangelo Michele, o San Michele, trae origine nel V secolo nella zona del Monte Gargano ove gli viene consacrato un santuario (( OTRANTO, CARLETTI 1990. )), che diviene ben presto il piu` famoso luogo di culto micaelico dell’Occidente latino, e da cui si diffonde ampliamente nell’Italia meridionale Longobarda a partire dal VII secolo (( FONSECA 1984, pp. 127-184. )). La venerazione del santo e la sua rapida diffusione nella Langobardia Minor ci e` testimoniata dai numerosissimi luoghi di culto, oltre duecento secondo un’indagine non esaustiva (( FONSECA 1984, p. 155. )), nonche´ dai numerosissimi toponimi che si sono conservati nella regione fino ad oggi. A nord il culto si espande grazie all’intervento unificatore di Grimoaldo (647-671) cui fanno seguito la costruzione di diverse chiese dedicate al santo a Pavia, Milano, e altre citta` settentrionali. La scelta di una figura di santo con una forte accezione militare, conosciuto come comandante degli eserciti celesti e dominatore delle forze demoniache, ma anche il principe che sta a guardia dei figli e colui che difende la verita`, congeniale quindi e facilmente comprensibile ad una stirpe di origine germanica ancora in gran parte pagana, si rivelo` quindi particolarmente felice, venendo a rappresentare un punto d’incontro e di conciliazione tra cattolici e ariani (( CARDINI 2007. )).
Approfondendo quali possano essere state le possibili motivazioni per la supposta raffigurazione dell’angelo sui tremissi di Carlo per Lucca, si puo` forse ipotizzare un legame con l’ultima rappresentazione del San Michele sul tremisse iconico di Desiderio, ove l’angelo assume una postura frontale, non rappresentata in precedenza, che potrebbe aver fornito il modello, o meglio, essere stata ripresa nelle forme e nei simboli, dal sovrano franco appena insediatosi sul trono longobardo, per sottolineare la continuita` formale del potere.