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Di alcune monete inedite e sconosciute della zecca di Scio

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Di alcune monete inedite e sconosciute della zecca di Scio

MAONA-ANONIME

(Sec. XV).

 

8. Grosso o gigliato (gr. 3,200).

D: – Croce: CIVITAS: Rosetta: CHII.

Castello colle tre torri, sormontato dall’aquila coronata.

R: — Croce: CONRADVS: REX • R

Nel campo Croce.

Arg. (Tav. I]], N. 7).
Arg. (Tav. I]], N. 7).

 

9. Grosso c. s. (gr. 3,200).

D: — Croce: CIVITAS: Rosetta: CHII:

Castello come nel precedente.

R: _ Croce: CONRADVS: REX • R:

Nel campo Croce.

Arg. (Tav. I]], N. 8).
Arg. (Tav. I]], N. 8).

 

Questi due grossi non sono che due varianti di quelli pubblicati dal Promis, dal Lambros e dallo Schlumberger nelle loro opere citate.

Il loro peso è approssimativamente quello dei due grossi simili citati dal Promis (op. cit.) alle pagine 47 e 48, e riportati alla Tav. III n. 29 e 31, e il loro titolo probabilmente della stessa bontà.

Per le ragioni quindi citate del Promis, questi grossi assai verosimilmente furono coniati dalla Maona colle identiche norme dei contemporanei grossi di Genova, cioè corrispondenti perfettamente a quelli in peso e titolo, acciocché quelle monete di Scio potessero aver facilmente corso nella madre patria e fossero rese più facili le contrattazioni e gli scambi fra i Genovesi e gli Sciotti. Questi due grossi poi, come quelli di Gal. M. Sforza or ora citati, sono per tipo e per arte assai migliori di tutte le altre monete di Scio, le quali presentano costantemente la rozzezza delle monete battute nel Levante. Essi potrebbero quindi essere stati coniati nella zecca stessa di Genova, o almeno può darsi che i suoi conii fossero apprestati da un bravo artista di quella zecca.

 

MAONA ― DOGI ANONIMI

(Sec. XV)

 

10. Grosso o gigliato (gr. 3,646).

D: — Croce * • DVX • * IANVENSIVM • *

Il doge seduto di fronte a capo scoperto e colla spada nella destra.

R: – Croce: CONRAD • R • ROMANOR • C • C •

Castello colle tre torri, sormontato dall’aquila coronata; dietro questa una Croce.

Arg. (Tav. I, N. 9).
Arg. (Tav. I, N. 9).

 

11. Grosso c. s. (gr. 3,660).

D: — Come il precedente.

Il doge seduto di fronte col berretto e la spada nella destra.

R: – Croce: CONRAD • R • ROMANOR • C • CHII •

Castello c. s.

Arg. (Tav. I, N. 10).
Arg. (Tav. I, N. 10).

 

Questi due grossi pure sono singolari e affatto sconosciuti, sia per la leggenda dvx ianvensivm che non vedemmo mai usata, eccetto che pei gigliati e i tornesi, sia per l’immagine intera del Doge, che non figura in alcuno dei grossi fin qui conosciuti.

Il Promis nella sua opera citata sulla zecca di Scio afferma esistere nell’Archivio di Stato di Torino (Volume Diversorum, anno 1458) un Decreto del Doge di Genova in data 2 dicembre 1458, in cui si proibisce la spendita di un grosso di Scio di nuovo stampo, allora venuto fuori col solito stemma dell’isola o meglio della Maona da una parte e dall’altra colla figura di un uomo che tiene una croce in mano. Può darsi che, ritenendo una croce quello che in queste monete è uno scettro o una spada, il decreto ducale accennato si riferisca appunto a questo tipo di moneta, se non precisamente alle monete in discorso.

Noi confesseremo francamente che abbiamo molto esitato prima di assegnare a questi grossi un’epoca posteriore a Galeazzo Maria Sforza. Il tipo più rozzo di questi grossi, confrontati con quelli dello Sforza e anche i caratteri meno accurati e di forma più antica tendenti piuttosto allo stile gotico che al romano, accennano, ci pare, a un’epoca anteriore; ma l’argomento più forte dell’emblema dell’aquila e della leggenda chii (in luogo di sii) che, per le ragioni accennate dal Lambros e dallo Schlumberger, non furono usati sulle monete di Scio prima del dominio dello Sforza, ci hanno persuasi ad assegnare loro un’epoca posteriore, spiegando l’apparente contraddizione colla supposizione che questi fossero battuti nell’isola di Scio, mentre quelli dello Sforza furono assai probabilmente apprestati nella zecca di Genova, come Promis suppone lo fossero anche quelli anonimi della Maona, di cui abbiamo discorso più sopra.

Del resto anche la paleografia è una guida molto incerta in quest’epoca di transizione. Troviamo monete di un medesimo principe talora con caratteri gotici, talora coi romani; qualche volta perfino, in alcune monete di Galeazzo Maria Sforza battute in Genova, troviamo variati i caratteri dal dritto al rovescio della stessa moneta.

Ma, tornando ai due grossi anonimi in discorso, oltre lo stemma e l’aquila, appare in essi un terzo emblema, nuovo nelle monete di Scio, la Croce, la quale verosimilmente dovrebbe esser lo stemma della città di Genova. Essa è posta al di dietro dell’aquila e appare specialmente pei suoi bracci orizzontali. Ritroveremo questo medesimo simbolo nel grosso del re di Francia, e ne riparleremo.

[quote_box_center]maóna In età tardomedievale, associazione di carattere finanziario sotto la garanzia dello Stato ma con amministrazione autonoma, mediante la quale i comuni italiani, e soprattutto la Repubblica di Genova (spedizione di Ceuta, 1235; conquista di Chio, 1347), dettero vita a grandi imprese marinare che altrimenti avrebbero superato le possibilità di investimento dei governi e dei privati.[/quote_box_center]