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Di alcune monete inedite e sconosciute della zecca di Scio

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Di alcune monete inedite e sconosciute della zecca di Scio

GALEAZZO MARIA SFORZA

(1466-1476).

3. Grosso o gigliato (gr. 3,300).

D : – Croce GALIAZ * MA * SPO * D * IANVE *

Busto di fronte del duca Galeazzo Maria Sforza a mezza figura col berretto e lo scettro terminato da una pigna.

R: – Croce CONRAD * R * R * CIVITAS * CHI *

Nel campo lo stemma dei Giustiniani, ossia il Castello colle tre torri, sormontato dall’aquila coronata.

Arg. (Tav. I, N. 3).
Arg. (Tav. I, N. 3).

 

4. Grosso e. s. (gr. 3,300).

Variante del precedente colle lettere VE di IANVE in monogramma, e senza l’ultima stelletta nella leggenda del dritto.

Arg. (Tav. I, N. 4).
Arg. (Tav. I, N. 4).

 

5. Grosso e. s.

Altra variante del N. 3 con GALIAS nel dritto.

6. Grosso o. s. (gr. 3,300).

D: — Croce GALEAZ • M • SFORZA • D • IANE •

Busto come nei precedenti.

R : — Croce CONRAD • R • ROMANR • (nr in monogramma) C • CHII • Castello c. s.

Arg. (Tav. I, N. 5).
Arg. (Tav. I, N. 5).

7. Grosso c. s. (gr. 3,300).

D: — Croce GALEAZ • M • SFORZA • D • IANVE • Busto c. s., ma lo scettro è terminato da un giglio.

R: — Croce CONRAD • R • ROMANOR (nr in monogramma e l’o piccolo al disopra) C • CHI! .

Castello e. s.

Arg. (Tav. I, N. 6).
Arg. (Tav. I, N. 6).

 

Finora non si conoscevano che due monetine di Galeazzo Maria Sforza coniate a Scio. Una fu pubblicata dal Promis (La Zecca di Scio durante il dominio dei Genovesi. Torino, 1865; pag. 60 e Tav. III, n. 37); l’altro dallo Schlumberger (Numismatique de l’Orient latin. Parigi, 1878; pag. 427 e Tav. XV, n. 2).

Il Lambros poi, riassumendo queste due monete nella sua recente opera sulla zecca di Scio (Μεσαιωνικα νομισματα των δυναστων της Χιου–Εν Αθηναις, 1886), non ne trovò alcun’altra da aggiungervi.

Questi sei grossi dello Sforza sono di tipo affatto sconosciuto, e presentano varii caratteri che è necessario rilevare. Anzitutto vi vediamo l’intero busto del duca, cosa affatto nuova nelle monete di questa zecca. La testa è coperta da un berretto presso a poco come quello che vediamo su di alcune monete d’oro e d’argento di Gio. Gal. Maria Sforza battute a Milano. Altra particolarità singolare  è lo scettro o bastone di comando che il duca tiene nella destra.

Tale scettro è per lo più terminato da una pigna, e, in un esemplare, da un fiore somigliante ad un giglio. Le monete italiane di quell’epoca, che portano effigie di principi, non hanno mai tale emblema.

Lo vediamo però un secolo più tardi in alcuni talleri e frazioni di tallero di alcuni principi di Correggio, di Desana, Firenze, Mantova, Messerano, Tassarolo, ecc., e più sovente sopra monete coniate pel Levante e per l’estero in genere. Cosi, per esempio, Cesare d’Este Duca di Modena si fece effigiare colla corona e lo scettro sopra due talleri coniati appunto pel Levante. Pare che questi principi adottassero tali emblemi sulle monete destinate al Levante per accrescere colà la loro autorità ed uguagliarsi in certo modo ai legittimi sovrani, che stampavano sulle monete le loro effigie adorne di quel segno di alta sovranità. È probabile che per lo stesso motivo Galeazzo Maria Sforza si sia fregiato dello scettro nelle monete coniate in Scio, mentre evitò sempre di riprodurlo sulle sue monete coniate a Milano, gran parte delle quali portano il suo ritratto.

Nel rovescio di questi grossi vediamo il solito castello con le tre torri e sopra queste l’aquila coronata ((Nel 1413 l’imperatore Sigismondo accordava a Francesco Giustiniani Campi il privilegio di fregiare il suo stemma dell’aquila imperiale. Pare però che per circa mezzo secolo la Maona non abbia fatto uso di quest’emblema sulle sue monete di Scio.)). Lo Schlumberger nell’opera citata, parlando delle monete di Scio che portano tale emblema, dice che queste devono essere posteriori alla dominazione di Gal. Maria Sforza, perchè sulle sue due monete conosciute l’aquila non figura. Ora è provato dalla comparsa di questi grossi che tale emblema, risale almeno all’epoca dello Sforza. Il peso di questi sei grossi di Gal. Maria Sforza è di gr. 3,300, e corrisponde perfettamente a quelli de’ suoi grossi battuti a Genova; il titolo pare di eguale bontà e probabilmente furono battuti colla stessa legge, e forse in Genova stessa, come accenneremo più avanti.

[quote_box_center]Nel 1463, allorquando in cambio della sua neutralità nei confronti di Filippo di Savoia, ribelle all’autorità regia, lo Sforza chiese e ottenne dal sovrano francese la signoria feudale su Savona e Genova.[/quote_box_center]