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Sull’attribuzione dei denari piccoli romani con il simbolo della frusta

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Sull’attribuzione  dei denari piccoli romani con il simbolo della frusta

Nuova luce è stata recentemente gettata sulle emissioni senatoriali di denari piccoli proponendo una cronologia dei vari tipi e tentando di spiegare le cause che portarono la zecca di Roma a coniare questi particolari denari, [1] così differenti da quelli di tipo provisino (che avevano caraterizzato le piccole transazioni monetarie nei pressi di Roma dalla fine del XII secolo).
Si tratta di emissioni che fino ad oggi non avevano mai suscitato l’interesse degli studiosi, già normalmente poco interessati alla monetazione senatoriale romana. Si tratta quindi di un campo di studi numismatici appena sviluppatosi, privo di una letteratura specifica, dove le poche certezze provengono da testi datati e che spesso trattano l’intera produzione monetaria senatoriale in maniera marginale. Con questo breve studio intendiamo fornire una panoramica, quanto più possibile completa, relativa alle problematiche legate all’attribuzione di una particolare emissione di denari piccoli: quella riportante il simbolo della frusta ( figura 1) [2].

Figura 1: Il simbolo della frusta presente sui conii approntati dal Ghirardini.
Figura 1: Il simbolo della frusta presente sui conii approntati dal Ghirardini.

Indice dei contenuti

I denari piccoli con la frusta

I denari con il simbolo della frusta (figura 2) riportano impressa al diritto una croce patente inquartata da una o due stelle a cinque punte mentre nella faccia del rovescio vi è un leone andante a sinistra con la testa di fronte. Tali denari sono oggi attribuiti alle emissioni coniate per diretto volere del Senato Romano nel corso del XIV secolo.
Certamente la formula SENAT’ · P · Q · R impressa al diritto è più che esplicita, ma la presenza del signum fustige [3] al termine di ambedue le leggende del diritto e del rovescio non solo permette di circoscrivere il periodo di emissione ad un preciso arco temporale ma addirittura di proporre un’attribuzione, la cui paternità spetta ad un grande numismatico del passato, radicalmente differente da quella fino ad oggi data per scontata.

Il signum fustige e Domenico Ghirardini

Il simbolo della frusta venne adottato a partire dal 20 gennaio del 1423 [4] (altre fonti riportano dal 30 gennaio dello stesso anno [5]) dall’incisore di origine fiorentina Domenico Ghirardini, che fu quindi certamente assunto in zecca durante il pontificato di Martino V (11 novembre 1417 – 20 febbraio 1431).
Nel corso della sua carriera a Roma il Ghirardini approntò i conii quasi esclusivamente per la moneta grossa, sia aurea che argentea. Fu sempre il Ghirardini ad incidere, durante il pontificato di Martino V, i conii per un gigliato (figura 3) [6] imitante la tipologia di quelli napoletani a nome di Roberto d’Angiò.
Quali furono le cause che portarono alla genesi di questa moneta? Una risposta plausibile ci viene fornita dal Muntoni [7]: “[…] Si può allora supporre che il papa, dovendo sostituire le monete del Senato, abbia voluto emettere monete che non dessero luogo a contestazioni, come sarebbe potuto avvenire per i grossi papali di nuova istituzione. Grave dovette essere l’urgenza se si fu indotti ad omettere ogni segno dell’autorità pontificia.“.

Figura 2: Un denaro piccolo con il simbolo dello zecchiere Domenico Ghirardini.
Figura 2: Un denaro piccolo con il simbolo dello zecchiere Domenico Ghirardini.

Datazioni ed attribuzioni

La corrente principale

Purtroppo lo studioso delle emissioni del Senato romano non può ancora avvalersi di una bibliografia specifica e completa su cui basare le sue ricerche.
Gli unici testi atti ad avere una visione d’insieme della vasta produzione monetaria senatoriale sono ad oggi il Corpus Nummorum Italicorum, il catalogo delle monete presenti nel Medagliere Vaticano a cura di Camillo Serafini e “Le monete dei Papi” di Francesco Muntoni.
In queste opere la monetazione senatoriale viene però trattata in maniera poco approfondita: il CNI ed il Serafini non forniscono note storiche sulle singole emissioni ed il Muntoni tratta l’argomento in maniera decisamente sintetica. Queste tre opere, che potremmo definire la “bibliografia classica” dello studioso di monete senatoriali, concordano nella datazione dei denari riportanti il signum fustige ad un periodo imprecisato dei secoli XIII – XIV e all’attribuzione dell’emissione all’autorità senatoriale.
Risulta però mancante il supporto di un’approfondita ricerca d’archivio. Infatti la datazione si rivela essere un grave errore di documentazione da parte degli Autori, in quanto i documenti della zecca romana riportano come anno d’inizio dell’appalto di zecca al Ghirardini il 1423 e pertanto la produzione di questi denari nei secoli XIII – XIV sarebbe risultata impossibile.

Figura 3: Il gigliato imitativo coniato per volere di papa Martino V.
Figura 3: Il gigliato imitativo coniato per volere di papa Martino V.

L’ipotesi del Martinori

Venne per la prima volta proposta (in termini dubitativi) da Edoardo Martinori una diversa attribuzione [8] dei denari piccoli con il segno del Ghirardini, basata sullo studio di alcuni documenti di zecca datati 1432 (e quindi appartenenti al pontificato di Eugenio IV, 3 marzo 1431 – 23 febbraio 1447). In questi documenti viene commissionata al Ghirardini la coniazione di denari piccoli, al taglio di 504 per libbra, aventi una quantità di argento fino pari a 8/21 di grano.
Pertanto, data l’assenza di denari piccoli romani a nome di Eugenio IV, il Martinori ragionevolmente ipotizzava che tali emissioni potessero essere quelle dei denari “senatoriali” oggetto del nostro studio, tanto più che al Ghirardini non era mai stata ordinata prima di allora la produzione di moneta piccola.
Questa attribuzione ipotetica non incontrò però i favori del pubblico e cadde rapidamente nel dimenticatoio.
Addirittura il Muntoni, nella sua opera omnia sulle monete dei dominii pontifici, non prese minimamente in considerazione questa differente attribuzione tant’è che i denari piccoli con la frusta vennero da lui catalogati (come si è precedentemente detto) tra le monete del Senato romano senza nemmeno un’annotazione circa l’attribuzione ipotetica del Martinori.
Vista la compatibilità di peso e di lega dei denari riportanti il signum fustige con quelli menzionati nel capitolo di zecca studiato dal Martinori, è necessario indagare sui motivi che portarono alla coniazione di monete senza alcun segno – simbolico od epigrafico – dell’autorità pontificia, al fine di dare un valido fondamento a questa ipotesi.

Analisi del panorama monetario

Era dai tempi di Bonifacio IX che la zecca romana non produceva moneta piccola pontificia e ci pare doveroso riportare come anche i denari provisini [9] di quel papa imitassero esplicitamente il tipo senatoriale. Fu conservata addirittura la grande S (iniziale di Senatus) posta sopra al pettine, che era stata invece sostituita da un cerchietto nei denari, sempre di tipo provisino, coniati durante il tribunato di Nicola di Rienzo [10] nel 1347.
Di conseguenza la moneta spicciola caratterizzante le transazioni medio-piccole del tempo in area romana era ancora quella senatoriale, specialmente le recenti emissioni di denari piccoli e nello specifico la tipologia più tarda [11] con impresso un leone andante a sinistra.
Tentativi di sostituire le emissioni senatoriali con equivalenti nominali prodotti per volere del pontefice (ma non per questo sempre riportanti un segno della sua autorità) erano già stati effettuati come si è detto precedentemente durante i pontificati di Bonifacio IX e di Martino V, a nostro avviso di conseguenza Eugenio IV mantenne questa politica monetaria ordinando al Ghirardini la coniazione di denari piccoli imitanti quelli senatoriali [12] ma riportanti il simbolo dell’incisore, al fine di distinguerli dalle monete imitate.
Si sarebbe inoltre adottato come diritto della nuova moneta la faccia con impressa la croce, simbolo religioso a differenza del leone, come era peraltro già avvenuto in un’emissione senatoriale [13].

Politica monetaria e psicologia popolare

Al pari della produzione di gigliati imitativi avvenuta sotto Martino V, l’omissione di qualsiasi rimando – anche in forma simbolica – all’autorità pontificia fu probabilmente causata dall’impellente necessità di sostituire la moneta prodotta per volere del Senato. Per raggiungere questo scopo con le emissioni spicciole era necessario proporre una moneta che avrebbe incontrato i favori delle classi meno agiate.
Ne risultava quindi l’impossibilità di proporre tipi stranieri, lontani dalla tradizione iconografica monetale romana ben conosciuta dai ceti inferiori dell’Urbe.
La coniazione di monete di tipo nuovo sarebbe risultata altresì dannosa, in quanto le nuove emissioni avrebbero certamente faticato non poco ad essere riconosciute ed accettate dal popolo.
L’unica possibilità era quindi quella di proporre un’imitazione pressoché identica di una moneta senatoriale, differente da quest’ultima solamente per un piccolo elemento che, come nel caso dei gigliati coniati per volere di papa Martino V, sarebbe con tutta probabilità passato inosservato.

Conclusioni

Siamo ben consapevoli che questo studio non ha fornito risposte certe ai numerosi interrogativi che coprono i denari piccoli con il simbolo della frusta.
Il nostro intento era infatti come si è precedentemente detto quello di fornire una panoramica delle differenti attribuzioni e datazioni di questi denari, riportando inoltre in primo piano un’ipotesi di attribuzione che con tutta probabilità in molti avevano dimenticato o trascurato, sebbene a nostro giudizio risulti la più sensata. Pertanto speriamo vivamente che il nostro lavoro possa fornire in futuro lo spunto per studi più approfonditi riguardanti questa particolarissima emissione, probabilmente posta sul labile confine tra emissioni senatoriali e papali propriamente dette.

Note

  1. Sissia, 2015.
  2. CNI,1934, vol. XV, p. 142, nn. 343-344.
  3. Martinori, 1918, p. 30.
  4. Muntoni, 1972-74, vol. IV, appendice “Elenco cronologico degli zecchieri”.
  5. Martinori, 1918, p. 8.
  6. Muntoni, 1972-74, vol. I, p. 42, n. 25.
  7. Muntoni, 1972-74, vol. I, p. 45, nota 25.
  8. Martinori, 1918, p. 30.
  9. Muntoni, 1972-74, vol. I, p. 36, n. 6.
  10. Muntoni, 1972-74, vol. IV, p. 205, nn. 1-2-3.
  11. Sissia, 2015, pp. 15-16.
  12. Muntoni, 1972-74, vol. IV, p. 193, nn. 93-94.
  13. Muntoni, 1972-74, vol. IV, p. 193, n. 94.

Bibliografia

CNI XV,1934 – Corpus Nummorum Italicorum, vol. XV, Roma, parte I, Roma 1934.
Martinori, 1918 – Annali della zecca di Roma, Martino V ed Eugenio IV, Roma 1918.
Muntoni, 1972-74 – Francesco Muntoni, Le monete dei Papi e degli Stati Pontifici, Roma 1972 -1974.
Sissia, 2015 – Al di là del provisino – Le emissioni aggiunte di denari piccoli della zecca senatoriale romana, in “Panorama Numismatico” del 4/2015, Serravalle RSM, 2015.