Questo articolo si propone di analizzare il periodo molto emblematico di Milano sotto Giovanni Visconti da un punto di vista storico e monetario. Le monete permettono di scoprire e riflettere su simbologie e iconografie di alto valore e rara bellezza della monetazione milanese in questo contesto storico e nel contempo di analizzare alcune ipotesi monetarie in cui il dibattito è da sempre vivo e non ancora definito.
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Cenni Storici
È inevitabile parlando di Giovanni Visconti non associare quanto fatto anche dal fratello Luchino Visconti.
Morto Azzone Visconti nel 1339, ed essendo questo senza eredi naturali, toccò ai figli di Matteo I, Giovanni e Luchino essere nominati insieme Signori di Milano dal Consiglio Generale della Città.
In realtà fu il più giovane Luchino nei primi dieci anni a reggere le sorti dello Stato Visconteo.
Giovanni, diventato Arcivescovo di Milano nel 1339, delegò volentieri il fratello a risolvere e seguire le azioni di governo: potere politico e potere temporale si univano così in un intreccio pieno di collegamenti e rapporti importanti.
Ma Giovanni, morto il fratello nel 1349, si trovò a gestire da solo lo Stato, le due cariche e le funzioni, Arcivescovo e Signore di Milano, si ricongiungevano in una sola persona.
E Giovanni, uomo di Chiesa, si mostrò all’altezza anche come uomo politico tanto che fu considerato uno dei migliori reggitori dello Stato Visconteo.
Stipulò Trattati di pace come quello con Genova, col Marchese del Monferrato e con i Gonzaga.
Tramite anche matrimoni strinse alleanze coi Savoia e con gli Scaligeri, fece parte nel 1350 di una lega in cui parteciparono oltre ai Visconti, gli Este, i Gonzaga, gli Scaligeri, i Carrara, i Malatesta e i da Polenta.
Ebbe una funzione da equilibratore e garante portando un periodo di pace e tranquillità dopo tanti conflitti e guerre.
Bologna fu invece un motivo di scontro con la Santa Sede, come lo fu il tentativo di invadere la Toscana, scomunicato, poi diffidato, riuscì comunque sempre a ricomporre da statista più che da uomo di Chiesa.
Ne approfittò anche nella lotta tra Venezia e Genova prendendo le parti dei genovesi, in cambio ottenne da questi la Signoria nel 1353.
Giovanni riuscì a concretizzare ed ottenere il piano di avere un vasto dominio di buona parte dell’Italia settentrionale con anche lo sbocco verso il mare del porto di Genova che significava il controllo dei commerci marittimi.
Giovanni fu un mix tra conquistatore, politico, diplomatico, ecclesiastico, ma anche uomo colto che ospitò nella sua corte anche il Petrarca.
Se è vero che la monetazione del suo periodo aiuterà a comprendere meglio la storia e l’uomo, è anche però vero che la storia e la conoscenza dell’uomo Giovanni Visconti aiuteranno a capire meglio la sua monetazione.
Uomini, storia e monete come sempre si intrecciano…
La simbologia e l’iconografia monetale di Giovanni Visconti
Da appassionato della monetazione milanese mi sono sempre chiesto come mai una simbologia così alta e ricorrente in altre zecche come quella della Beata Vergine col Bambino fosse presente solo in un raro
esempio di sesino dell’epoca di Giovanni Visconti (1349–1354).
E’ questa la prima domanda che mi sono posto e necessariamente per cercare di rispondere e fare qualche ipotesi ho dovuto esaminare altri esempi monetali dello stesso periodo.
Giovanni Visconti in quei cinque anni conia poche tipologie monetarie, un grosso, due sesini, un denaro.
La Beata Vergine col Bambino la ritroviamo al rovescio di uno dei due sesini, la Vergine tiene in braccio il Bambino, entrambi sono nimbati, l’immagine rivolta all’utilizzatore della stessa è da piccolo quadro, il messaggio è estremamente religioso, mistico, di protezione.
La testa della Vergine e anche quella del Bambino escono in alto dal cerchio interno interrompendo la leggenda stessa per avere più spazio nell’intero contesto, inoltre due globetti aiutano a delineare e differenziare l’immagine sacra dalla leggenda MEDIOLANV.
Al diritto si ripete l’accoppiata sacro/identità con la croce nel campo e in leggenda lui Giovanni Arcivescovo e Signore di Milano col + IOhS VICECOES.
Sicuramente è un forte segno di discontinuità iconografica e simbolica per la zecca di Milano, mai era comparsa la Vergine e mai ritornerà.
La domanda che mi ero posto è quindi lecita ed intrigante, credo che come spesso accade la monetazione debba essere vista e accompagnata dal suo contesto storico e dagli accadimenti dell’epoca.
La moneta è sempre stata l’unico multiplo a disposizione di Signori e Regnanti per mandare messaggi forti, immediati alla società e al popolo, spesso analfabeta.
L’immagine era quindi tutto, contava ovviamente più delle leggende che potevano leggere solo gli uomini colti.
Una certa scelta significava quindi una strategia precisa, e in questo caso, un unicum per Milano, Giovanni volle andare in una direzione ben precisa.
Giovanni rappresenta in quel momento contemporaneamente due poteri, uno reale, quello politico, l’altro decisamente ideale, quello religioso e vescovile, i due poteri devono coesistere per il bene della cittadinanza e devono anche essere comunicati sia all’interno della propria comunità che all’esterno della stessa.
E la moneta in questo caso riesce a fare perfettamente questa sintesi con l’autorità e l’identità cittadina nelle leggende e nei campi invece ampio risalto alla simbologia religiosa, le più alte con addirittura la Vergine col Bambino e con la croce, indiscusso simbolo della cristianità.
Per la monetazione milanese questo vuol dire innovazione, ma Giovanni innovatore lo è, utilizza un simbolo religioso utilizzato da altre zecche ma mai finora a Milano (figure 1 e 2).
L’altro sesino coniato a Milano sotto Giovanni Visconti è anch’esso emblematico e interessante per altre motivazioni.
Ma perché due sesini in un periodo così breve?
La questione non è semplice e banale, esaminando il diritto abbiamo una iconografia speculare al precedente sesino, croce in campo e in leggenda sempre un + IOhS VICECOES ma al rovescio il messaggio che viene dato è completamente diverso dal precedente.
Rimane la stessa leggenda che rappresenta l’identità cittadina col MEDIOLANV ma nel campo questa volta compare una grande M gotica (figura 3).
Cosa rappresenti la grande M gotica è stata fonte di dibattito nel tempo con due posizioni diverse e che, non essendoci documentazioni in tal senso, rimangono comunque due ipotesi possibili.
La M gotica rappresenta l’iniziale di Maria o è l’iniziale della città MEDIOLANVM?
La stessa domanda sempre con pareri discordanti è stata dibattuta anche per un’altra moneta di Milano,
moneta simbolo, il mezzo fiorino d’oro o mezzo ambrosino d’oro con anch’essa una piccola M gotica nel campo (figura 4).
Il mezzo ambrosino d’oro è la terminologia che è stata più usata in bibliografia per questa moneta, il Crippa [Crippa, 1986] le riporta entrambe, Toffanin [MIR Milano, 2013] nel MIR Milano riporta solo quella con mezzo fiorino d’oro.
Userò nell’articolo la terminologia mezzo fiorino d’oro per i motivi che verranno spiegati successivamente.
Credo che per entrambe le monete, il sesino e il mezzo fiorino d’oro, le risposte possano portare o in una direzione o nell’altra.
Crippa ritiene probabile almeno per il sesino la M come iniziale della Beata Vergine Maria, altrettanto per il mezzo fiorino d’oro sia il Tribolati [Tribolati, 1912] che successivamente Orlandoni e Martin [Orlandoni e Martin, 1973] ritengono la M come iniziale di Maria.
Personalmente la ritengo una ipotesi decisamente suggestiva ma poco probabile.
Giovanni Visconti, uomo di Chiesa, aveva ovviamente un alto grado di devozione verso la Vergine Maria e per tutte le raffigurazioni della cristianità.
Ritengo difficile che chi utilizza per una moneta svilita come il sesino una rappresentazione così alta, non la usi poi su una moneta simbolo e d’oro come il mezzo fiorino d’oro che tra l’altro ha invece al rovescio l’immagine del busto di Sant’Ambrogio.
Una semplice iniziale come una piccola M non era un po’ come svilire l’alto messaggio della raffigurazione che tra l’altro poteva benissimo essere recepita dall’utilizzatore come l’iniziale della città MEDIOLANVM?
Molto probabilmente in una moneta così tra le antesignane delle monete d’oro milanesi insieme al fiorino d’oro molto più raro, che si prestava ad essere tesaurizzata come lo fu veramente, moneta più di rappresentanza che del popolo, Giovanni Visconti sceglie di fare un passo indietro, di non essere rappresentato in alcun modo sulla moneta che risulta anonima.
Mi portano verso la direzione della M gotica come iniziale della città anche il confronto per cronologie, stile e influenze con i bacini commerciali che c’erano tra Milano e altre zecche.
Un esempio è sicuramente quello delle monete di Giovanni I Paleologo (1338-1372) coniate a Chivasso nel Monferrato; i piemontesi avevano rapporti e collegamenti con l’area milanese e il sistema monetario dello Stato di Milano sicuramente aveva la sua influenza nel Monferrato.
Sul rovescio del sesino di Chivasso1 come nel sesino milanese compare nel campo una grossa M di stile gotico, iniziali rispettivamente di MONTIS FERATI e di MEDIOLANVM presenti in leggenda.
Le analogie per tipologia, stile e periodo di coniazione tra i due sesini sono decisamente evidenti.
Altrettanto si può notare tutto questo nell’obolo bianco coniato nella stessa zecca (figura 5).
Analogamente nel rovescio del grosso di Modena compare come simbolo una grossa M gotica, questo già dalle prime emissioni di questa moneta e che continua fino al periodo di Azzo VIII d’Este (1293–1306) e anche successivamente fino al 1336 (figura 6).
Lorenzo Bellesia [Bellesia, 2010] considera i trifogli di questa moneta uguali a quelli utilizzati come punteggiatura presenti negli ambrosini ridotti di Milano da cui deduce e identifica Milano come la probabile officina di produzione monetaria.
Inoltre, come già sostenuto anche dal Crespellani [Crespellani, 1884], ipotizza che questa emissione possa essere stata coincidente come periodo a quello dei sontuosi festeggiamenti organizzati per le nozze tra Beatrice, sorella di Azzo, e Galeazzo Visconti, figlio di Matteo Signore di Milano.
Quindi anche in questo caso molti sono i possibili collegamenti monetari tra le zecche di Milano e di Modena con l’ultima che pone sulla sua moneta un simbolo di identità, l’iniziale di MVTINA.
Il terzo caso di monetazione con M gotica lo troviamo a Massa di Maremma, qui in un breve periodo di coniazione della stessa dal 1317 al 1319 circa, furono battuti grossi con una doppia piccola m in due quarti, altrettanto troviamo una grande M gotica in campo in un raro denaro piccolo (figura 7).
Orlandoni e Martin [Orlandoni e Martin, 1973] a tal proposito ipotizzano che alla chiusura della zecca di Massa di Maremma, mentre i conii non potevano essere trasportati, furono invece dei coniatori itineranti a spostare i modelli degli stessi e a questi probabilmente si ispirarono riproducendoli con la M gotica nel mezzo fiorino d’oro e nel sesino in quel di Milano.
Quindi secondo Orlandoni e Martin, Milano e Massa di Maremma anche loro collegate tramite zecchieri itineranti nell’ideazione di monete dove anche in questo caso la M rappresenterebbe l’identità della zecca toscana.
Le analogie sia stilistiche, che cronologiche, che di collegamenti tra queste zecche sono tante ed abbastanza evidenti da far pensare che la M gotica di Milano sulle sue monete sia riconducibile ad altre già coniate in altre zecche e che rappresentino tutte la loro identità cittadina.
Il mezzo fiorino d’oro, seguendo questa ipotesi, lascerebbe spazio non all’autorità, ma al diritto alla città, all’identità con la sua piccola m gotica in campo con un insieme di rara bellezza iconografica impreziosita anche dalla cornice a sei centine e dai trifogli alle punte.
Sull’altro lato lo spazio viene invece preso dalla simbologia religiosa ormai sempre più accreditata e riconosciuta di Sant’Ambrogio.
Il busto di prospetto del Santo è un altro piccolo gioiellino della monetazione milanese col nome dello stesso ripreso in leggenda.
Quindi probabilmente nel coniare due sesini simili per tipologia a Milano, Giovanni trova la sintesi di quello che era e rappresentava dando spazio sia alla simbologia religiosa in uno, che all’identità cittadina nell’altro, potremmo anche dire in altro modo uomo di fede, ma anche uomo di governo cittadino.
La domanda ulteriore che mi pongo a questo punto visto che sono sul mezzo fiorino d’oro è quanto e se contò Giovanni Visconti in questa moneta anonima e senza datazione certa.
La datazione è cambiata nel tempo, molti studiosi hanno proposto ipotesi cronologiche, non ci sono purtroppo documenti d’archivio che possano aiutarci.
Certamente però in questo caso possono servirci lo stile e le caratteristiche della moneta e i ripostigli dove sono state trovate.
Mario Orlandoni e Colin Martin [Orlandoni Martin, 1973] in un loro studio su un tesoretto trovato nel Veneto ci illustrano la presenza insieme ad altre monete di altre zecche di ben 63 mezzi fiorini d’oro di Milano, tutte tra l’altro in ottimo stato di conservazione, il che ci fa pensare ancor di più che la moneta più che circolare venisse tesaurizzata.
Orlandoni e Martin riescono così a restringere il possibile periodo di datazione verso la metà del XIV secolo, in pratica quando Giovanni Visconti era Signore da solo.
A Cameri nel novarese viene rinvenuto nel 1881 e poi descritto dal dott. Caire [Caire, 1881] un tesoro di 600 monete d’argento di varie zecche e 15 d’oro tra cui un mezzo fiorino d’oro di Milano.
Il Caire assegna la datazione al periodo di Giovanni Visconti solo (1349 1354 ) o di poco antecedente a questo.
Un altro ripostiglio trovato nella bergamasca con 142 monete d’argento milanesi e comasche e 17 monete d’oro di cui 4 mezzi fiorini d’oro di Milano ci fornisce altre indicazioni [Ambrosoli, 1897]
Anche in questo ripostiglio i pezzi non superavano la datazione del 1354 anno della morte di Giovanni Visconti e quindi anche in questo caso saremmo in una data comunque anteriore.
Tutto questo ci spingerebbe quindi a ritenere la datazione del mezzo fiorino d’oro nel periodo di Giovanni Visconti solo ( 1349 -1354 ), se non fosse che le emissioni furono molto copiose e quindi un periodo di soli cinque anni sembra stretto.
Quindi sembra ragionevole accogliere invece l’ipotesi del Crippa che propone un periodo più ampio e ritenere che le coniazioni siano iniziate qualche anno prima estendendolo a quello in cui Giovanni e Luchino erano associati cioè dal 1339 fino al 1354.
Altro aspetto a favore di questa ipotesi sempre proposto dal Crippa è la figura e l’aspetto generale del Santo identico a quello sul fiorino d’oro coniato da Giovanni e Luchino Visconti, tanto che lo stesso si spinge a pensare che le due monete non solo siano dello stesso periodo ma anche opera dello stesso incisore.
Se così fosse, si potrebbe anche ipotizzare che il mezzo fiorino d’oro o mezzo ambrosino d’oro essendo dello stesso periodo del fiorino d’oro di Luchino e Giovanni Visconti possa essere un sottomultiplo dello stesso con una denominazione a questo punto, come anticipato prima, più appropriata di mezzo fiorino d’oro.
Ma la monetazione di Giovanni Visconti si distingue per un’altra moneta, un grosso d’argento che ci porta ad altre ulteriori importanti riflessioni (figura 8).
Al diritto la moneta riporta le immagini in piedi e nimbati dei Santi Gervasio e Protasio e al rovescio mostra un Sant’Ambrogio in cattedra seduto di prospetto benedicente e con in mano il pastorale.
Anche questa moneta rappresenta una decisa svolta iconografica per la monetazione milanese ed è la dimostrazione che il riferimento religioso e simbolico stava cambiando in modo radicale.
Questa sarà l’ultima apparizione nella monetazione milanese dei due Santi e la definitiva consacrazione del simbolo della figura di Sant’Ambrogio che continuerà a questo punto nel tempo.
Sant’Ambrogio, e anche qui Giovanni ebbe il suo peso nella decisione, si colloca ora in primo piano rispetto alle figure dei Santi Gervaso e Protasio, figure sicuramente popolari, ma che non possedevano il messaggio comunicativo forte sia religioso che politico che Sant’Ambrogio invece incarnava.
È un grande cambiamento nell’iconografia monetale milanese che porta Sant’Ambrogio, protettore della città, a simbolo indiscusso dell’identità cittadina.
Tutto questo per concludere ci dimostra quanto il periodo di Giovanni Visconti a Milano, Arcivescovo ma anche abile politico e Signore della città, sia stato importante per la Signoria milanese ma anche per la sua monetazione innovativa nei tipi, nei segni e nelle simbologie religiose e dell’identità cittadina.
Le monete anche in questo caso accompagnano la storia, come d’altronde anche la storia accompagna le monete e ce le fa comprendere e capire meglio.
L’imminente uscita del MEC 12 sicuramente fornirà ulteriori approfondimenti e ipotesi a una materia in continuo aggiornamento.
Ringraziamenti
Si ringrazia per le gentili concessioni delle immagini la Numismatica Varesi s.a.s. nella persona di Alberto Varesi e la Crippa Numismatica s.a.s. nella persona di Paolo Crippa.
Bibliografia
[1] Ambrosoli S., L’ambrosino d’oro. Ricerche storico – numismatiche, Milano, 1897
[2] Bellesia L., Le monete di Azzo d’Este per Modena e Reggio Emilia, in Panorama Numismatico n.252,
giugno 2010
[3] Caire P., Monete antiche, in “Gazzetta Numismatica”, anno I, n.9, novembre 1881
[4] Chiaravalle M., La zecca e le monete di Milano, Catalogo della Mostra, MILANO, 1983
[5] CNI, Vol. V, Lombardia, Milano, Roma, 1914
[6] Crespellani A., La zecca di Modena nei periodi comunale ed estense, MODENA, 1884
[7] Crippa C., Le monete di Milano dai Visconti agli Sforza dal 1329 al 1535, MILANO, 1986
[8] Crippa S. – CRIPPA C., Le monete della zecca di Milano nella Collezione di Pietro Verri, MILANO, 1998
[9] Gianazza L., La monetazione dei Paleologo in Monferrato: una rilettura dei materiali, in “La Chivasso dei Paleologi di Monferrato” a cura di R. Maestri, Acqui Terme, 2007
[10] Gnecchi F.e E., Le monete di Milano da Carlo Magno a Vittorio Emanuele II, MILANO, 1884 e supplemento 1894
[11] Gnecchi E., Recensione a: Ambrosoli S., L’Ambrosino d’oro, in “Rivista Italiana di Numismatica”, a. XI, vol. XI, fasc. I, 1898
[12] Magistris (DE) L., Annotazioni numismatiche milanesi. La monetazione di Giovanni e Luchino Visconti ( 1339 – 1354 ), in “Rassegna Numismatica”, nn. 7/8, settembre 1979
1L. Gianazza mette però sulla Zecca di emissione di questo sesino un ? per Chivasso in “La monetazione dei Paleologo di Monferrato: una rilettura dei materiali”, 2007.