Ho sempre cercato di privilegiare le monete che potessero essere associate a valori simbolici e che andassero oltre il loro ambito economico e il loro essere mezzo di pagamento.
Molti autori hanno trattato nel tempo questa tematica e hanno scritto di cosa può diventare a seconda delle situazioni, degli avvenimenti, degli accadimenti una moneta; la moneta può essere, a seconda dei casi, valore, disvalore, simbolo, icona e altro ancora.
Per Jacques Le Goff nel Medioevo l’avarizia è peccato e quindi il denaro diventa maledetto e sospetto, per Lucia Travaini la moneta può diventare e assumere varie sembianze, può essere moneta memoria, moneta identità, la moneta, se depositata in tomba, può assurgere ai massimi significati e valori, quello specifico di tramite tra i pellegrini e il Santo venerato, tra terra e cielo.
Ma la moneta può essere anche icona, porta fortuna, può proteggere, può diventare oggetto di ostentazione per gioielli e cerimonie, può diventare simbolica nei riti di fondazione, può diventare reliquia da conservare.
Nella storia la moneta assume vari significati, basti pensare ai trenta denari di Giuda, al denaro come elemosina di San Francesco, ma tanti ancora possono essere i valori che la moneta assume nelle varie situazioni.
Studiando la monetazione milanese mi sono imbattuto in unaltro significato, non tanto divulgato secondo me, che la moneta aveva assunto in un particolare e travagliato momento storico della vita di Milano.
Mi riferisco allo storico periodo per Milano delle Cinque Giornate, del 1848, gli anni della rivolta, dei patrioti, ma anche gli anni della repressione austriaca, del Governo Provvisorio della Lombardia.
Accadimenti storici, dolorosi, eroici, ricchi di significati e valori. E come spesso accade, anche le monete partecipano, affiancano la storia, raccontano a loro volta la storia, sono nella storia.
Siamo all’incirca negli anni dal 1846 al 1849, quando la moneta in alcuni casi viene tagliata e diventa scatola, si può aprire e chiudere, può contenere scritte al suo interno, portare messaggi, dispacci, immagini, a volte anche con tecniche riconducibili alla dagherrotipia.
Adriano Savio in Cronaca Numismatica di ottobre 2008 specifica che di solito l’immagine riguarda il maresciallo Radetzky e che si dovrebbe trattare comunque di una evoluzione del dagherrotipo perché questo non è riproducibile.
Ma abbiamo non solo immagini di Radetzky, ma anche scritte incise all’interno del tipo “ Radetzky non lo vuole ˮ, in risposta al motto del Risorgimento “ Dio lo vuole ˮ.
Quindi messaggi dal tenore filoaustriaco, ma probabilmente utilizzati anche per la propaganda insurrezionale, dai patrioti con immagini degli stessi, con messaggi o dispacci e come segni di riconoscimento.
Una delle monete più utilizzate a questo scopo fu il 5 lire italiane del Governo Provvisorio di Lombardia del 1848, moneta d’argento con in leggenda al rovescio ITALIA LIBERA DIO LO VUOLE.
Nelle immagini sottostanti è riportato un altro 5 lire apribile a scatoletta in posizione chiusa e aperta con una precisa e funzionante chiusura a vite
Ma c’erano anche altre monete che risultano essere state utilizzate per questi fini, tipo il 10 centesimi, moneta in rame del 1849, moneta per il Regno Lombardo Veneto e che qui possiamo vedere chiusa e poi aperta in due, ma anche esemplari del 5 centesimi sempre in rame che vediamo sotto di fronte e di lato col taglio a scatola.
Quindi monete che diventano comunque mezzo di comunicazione, di propaganda, che furono probabilmente protagoniste sia nella repressione austriaca che nei moti insurrezionali dei patrioti.
Piccoli pezzi di storia che vanno oltre alla moneta vista come mezzo di pagamento, che ci trasmettono sogni, emozioni, tutto sommato è anche bello pensarlo e ritenere che sia così……
N.B. Tutte le monete qui illustrate sono di provenienza da collezione privata
BIBLIOGRAFIA
CRIPPA C., 1997, Le monete di Milano dalla dominazione austriaca alla chiusura della zecca dal 1706 al 1892, Vol. IV, Milano
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