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Aes Rude

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Riassunto

Il ritrovamento di numerosi esemplari di Aes Rude, di porzioni di barre metalliche e di pani circolari rinvenuti nel contesto abitativo del sito di Ghiaccio Forte (Scansano, GR) ha permesso di effettuare uno studio analitico e metallografico, utilizzando la tecnica LIBS (Laser Induced Breakdown Spectroscopy), su un campione di 61 reperti, scelti come rappresentativi delle varie morfologie e dei pesi. Ognuno di essi è stato analizzato con lo strumento MODì (MObile Dual-pulse Instruments) in grado di realizzare misure LIBS in situ. Gli spettri ottenuti sono stati analizzati qualitativamente per conoscere quali elementi fossero presenti in ognuno dei 61 esemplari. Si è così potuto avere un’idea precisa della composizione elementare delle leghe, che ha permesso di effettuare una prima divisione dei campioni in raggruppamenti distinti. È stata quindi eseguita un’analisi quantitativa su 21 campioni, a loro volta scelti come rappresentativi dei gruppi individuati, che ha restituito una più raffinata suddivisione dei frammenti in cinque raggruppamenti, rivelando la presenza sia di leghe, che di metalli puri.

Abstract

The discovery of many fragments of aes rude, portions of metal bars and rounded loaves found in the inhabitated site of Ghiaccio Forte (Scansano, GR) allowed for an analytic and metallografic study on a set of 61 pieces selected by morphology and weight, thanks to the LIBS analysis (Laser Induced Breakdown Spectroscopy). All the samples have been analyzed using MODì (MObile Dual-pulse Instruments), the new mobile prototype for LIBS analysis in situ. The obtained spectra have been qualitatively processed, in order to determine which elements were present in any sample. This preliminary study gave a precise idea of the compositions of the alloys; it was then possible to divide the samples into 5 distinct groups. 21 samples, purposely chosen to represent the main categories, were also quantitatively analyzed in order to allow a more precise division of the fragments into the groups.

Indice dei contenuti

L’AES RUDE

ANALISI LIBS DI ESEMPL ARI DI AES RUDE PROVENIENTE DALL ’ ABITATO ETRUSCO DI GHIACCIO FORTE (SCANSANO – GR)

Introduzione

Nella penisola italica, e in particolare nelle regioni centrali e settentrionali rimaste escluse dalla colonizzazione ellenica, prima dell’utilizzo della moneta si sviluppò una fase in cui il metallo grezzo veniva utilizzato come bene preferenziale di scambio [Cocchi Ercolani, 1975]. Il metallo circolava in pezzi, di diverse forme e dimensioni, comunemente definiti aes rude [Breglia, 1965; Cesano, 1929]; con questo termine sono indicati nella letteratura archeologica sia pezzi informi di metallo fuso, sia porzioni di barre metalliche o di pani circolari, tralasciando quasi costantemente di distinguerne le diverse tipologie [Cattani, 1987; Cocchi Ercolani, 1975]. Esemplari di aes rude sono stati ritrovati in grande abbondanza soprattutto all’interno di contesti tombali e di ripostigli. Le teorie più accreditate [Birocchi, 1934; Garrucci, 1885] ritengono che il metallo fosse colato all’interno di forme circolari o quadrangolari per poi essere rifuso e riutilizzato, oppure per essere usato come mezzo di scambio. Questi scambi, secondo le ipotesi più plausibili [Cattani, 1987; Cocchi Ercolani, 1975], potevano avvenire in base al peso, quindi ricorrendo all’uso della bilancia ad ogni transazione, o più semplicemente in base al numero; conseguentemente, in questo caso, ogni pezzo avrebbe avuto un valore riconosciuto e accettato in base a criteri dimensionali.

L’abitato di Ghiaccio Forte

I materiali presi in analisi in questo lavoro provengono dall’oppidum etrusco di Ghiaccio Forte (Comune di Scansano, GR), sito di età ellenistica che basava la sua sussistenza su un’economia a carattere rurale agricolo e pastorale, priva di una vera e propria monetazione e in cui la maggior parte degli scambi con ogni probabilità avveniva tramite baratto e attraverso lo scambio di metallo in base al peso [Firmati et al., 2002]. L’abitato, ubicato in cima a un poggio sormontato da un pianoro dell’estensione di circa 7 ettari, era costituito da due colline separate da una sella. Il sito di Ghiaccio Forte si trova in una posizione strategica che domina tutta la valle del fiume Albegna, aprendo la vista fino al Monte Argentario e al Monte Amiata; la sua posizione intermedia sulla principale via di comunicazione tra gli scali marittimi e i centri dell’Etruria interna rendeva il sito un punto di passaggio obbligato di tutto l’ager caletranus, attraverso il fiume Albegna [Firmati et al., 2002; Talocchini, 1986].

La vita del sito si suddivise in due fasi principali: una prima fase arcaica risalente al VI sec. a.C. di cui i dati archeologici sono a tutt’oggi piuttosto scarsi, e una seconda fase ellenistica, meglio documentata, che ebbe inizio nel IV sec. a.C. con la nascita di un oppidum con chiara funzione difensiva e di controllo della via di comunicazione per il monte Amiata. La fine dell’abitato coincise verosimilmente con l’annessione romana di tutto il territorio dell’orbita vulcente, intorno 280 a.C.; il dato corrisponde a vari livelli archeologici di distruzione violenta sui colli del sito [Firmati et al., 2002].

La pratica della metallurgia all’interno del sito è documentata da diversi elementi quali il rinvenimento delle numerose scorie del processo della lavorazione del ferro e un paio di tenaglie da fabbro. Con ogni probabilità anche il cospicuo numero di esemplari di aes rude ritrovati, riconducibili alla seconda fase ellenistica [Firmati et al., 2002], venivano prodotti in situ.

L’analisi dei campioni

I 183 esemplari di aes rude rinvenuti nell’abitato fortificato di Ghiaccio Forte sono stati studiati in base a vari approcci metodologici: un’analisi di tipo morfologico, uno studio ponderale e, su una parte (61 campioni), utilizzando la tecnica LIBS. I dati ottenuti sono stati quindi opportunamente incrociati per una più completa caratterizzazione dei campioni in esame.

Analisi morfologica.

In base alle tipologie formali riscontrate, gli esemplari sono stati distinti in due categorie principali: i colaticci e i resti di fusione in una classe e le porzioni di barre metalliche o di pani circolari, privi di contrassegno, in un’altra. I resti di fusione sono ben distinguibili perché hanno forme allungate o tondeggianti con bordi frastagliati, le superfici sono irregolari con rugosità, il metallo risulta eterogeneo con bolle di fusione anche profonde (Fig. 1a). Per quanto riguarda, invece, le porzioni di barre metalliche, nel sito fino ad ora ne sono stati trovati 11 esemplari, con dimensioni variabili; alcuni di essi sono porzioni di barre più lunghe poi frammentate, altri invece conservano un solo lato del bordo della forma (Fig. 1b). Le dimensioni di questi frammenti variano da 1 a 5 cm. Nella tipologia dei pani rotondi, invece, si possono fare ulteriori distinzioni: i più diffusi tra quelli studiati (72 frammenti) sono gli esemplari ottenuti dalla colatura del metallo fuso all’interno di forme aperte. Per i più grandi (Fig. 1c), il metallo veniva colato entro buche scavate direttamente nel terreno, mentre per i più piccoli (Fig. 1d), con diametro intorno ai 2-4 cm, è probabile che fosse colato in matrici di argilla o di pietra. La forma dei pani è molto spesso troncoconica con la base piana e il margine svasato verso l’alto; in molti esemplari è conservato il segno della fuoriuscita del metallo dalla forma. Un altro tipo presente nel sito è quello cosiddetto a “frittata” o a “foccaccia”, (16 esemplari); in questo caso il metallo veniva colato direttamente su un piano, cercando di mantenere la forma circolare; i bordi risultano, infatti, arrotondati, ma frastagliati. Nel corso delle indagini sono poi stati rinvenuti due piccoli frammenti di pani fusi in forma bivalve (Fig. 1e) che certamente provengono da due matrici distinte, come si evince dalle differenti altezze e dalla sezione diversa. I pani piano-convessi, una categoria tipologica piuttosto frequente in tutto il territorio italico [Birocchi, 1934; Bulajic et al. 2002; Cattani, 1987; Cocchi Ercolani, 1975; Pigorini, 1895], sono scarsamente attestati nel sito; ne sono stati ritrovati, infatti, soltanto tre frammenti (Fig. 1f).

L’analisi ponderale

Per la pesata è stata adottata una bilancia analitica, con una precisione di ± 0.05 g, ma nella successiva analisi dei pesi ottenuti e nei grafici elaborati si è deciso di arrotondare la precisione al grammo. Il considerare le frazioni del grammo sovrastima le capacità metallurgiche del tempo: infatti se, come sembra, i pani venivano tagliati in base a un criterio dimensionale, un errore di pochi grammi risultava inevitabile, ancor più se si pensa alle tipologie di strumenti utilizzati per il frazionamento: forbici o lame in certi casi, ma frequentemente anche pinze o scalpelli [Cattani, 1987; Cocchi Ercolani, 1975]. Il grafico mostrato in Figura 2 evidenzia degli addensamenti ponderali significativi intorno ai 7 e 8 g e ai 18-19 g; questo potrebbe portare ad ipotizzare la possibile sequenza di multipli interi di 8 o 9 g, che però non sembra continuare ulteriormente. Inoltre, man mano che il peso aumenta, il numero degli esemplari diminuisce e per pesi maggiori di 60 g si ha un solo esemplare per valore ponderale. Successivamente, si sono presi in considerazione solo le porzioni di pani. I risultati sostanzialmente non variano e l’addensamento ponderale rimane sempre tra gli 8 e i 10 grammi (Fig. 3a). In figura 3b è riportato il grafico che tiene conto di una scala di 5 grammi, in modo da verificare l’andamento degli addensamenti in un intervallo più ampio. Come si può osservare, l’addensamento ponderale si mantiene nei valori verificati in precedenza.

Analisi LIBS

La metodologia LIBS è una tecnica spettroscopica in grado di fornire la composizione elementare con un range dinamico elevatissimo che va dagli elementi maggioritari (%) fino agli elementi in traccia (ppm) senza pre-trattamento del campione, permettendo l’analisi diretta in tempi estremamente brevi. Questa tecnica si è dimostrata altamente competitiva per applicazione industriali, ambientali e nel campo dei Beni Culturali [Anglos et al. 2002; Bulajic et al. 2002; Colao et al. 2002]. I campioni di aes rude che sono stati studiati con la tecnica LIBS sono 61, scelti come rappresentativi delle diverse tipologie formali presenti nel sito di Ghiaccio Forte e dei diversi pesi. Ognuno di essi è stato analizzato utilizzando il prototipo MODì, acronimo di “MObile Dual-pulse Instruments for LIBS material analysis”, che permette di effettuare questo tipo di analisi in situ. Lo strumento (vedi Fig. 4), realizzato nell’ambito di un progetto di collaborazione tra l’Istituto per i Processi Chimico-fisici del CNR (IPCF-CNR) di Pisa e la Marwan Technolgy Srl, integra un laser a doppio impulso, che emette due fasci collineari di energia variabile tra i 50 e i 150 mJ per impulso, con un rate di ripetizione massimo di 10 Hz e un ritardo impostabile tra 0 e 60 μs. Un puntatore laser ed un microscopio permettono di controllare la zona del campione dove effettuare la misura. Alternativamente, utilizzando un braccio articolato è possibile focalizzare il fascio laser anche all’esterno dello strumento. Il segnale LIBS è raccolto con un’opportuna fibra ottica e inviato ad uno spettrometro compatto di tipo Echelle accoppiato ad una CCD intensificata. Tutte queste operazioni, dalla movimentazione del campione alla raccolta degli spettri, sono controllate via computer. Infine, gli spettri LIBS così ottenuti possono essere analizzati qualitativamente e quantitativamente grazie ad un opportuno software (LIBS++), che implementa il metodo CF-LIBS, testato e brevettato dall’IPCF-CNR [Ciucci et al., 1999; Corsi et al., 2000]. Per ogni campione sono state effettuate due diverse acquisizioni (tempo di gate 2 μs e ritardo 2 μs dal secondo impulso laser) che hanno restituito due differenti spettri, ottenendo così una prima informazione più superficiale sulla patina e una seconda analisi, più in profondità, della lega metallica vera e propria. Gli elementi di cui è stata rilevata la presenza sono il rame (Cu), lo stagno (Sn), il ferro (Fe), l’argento (Ag), il piombo (Pb), lo zinco (Zn), l’allumino (Al), il magnesio (Mg), il titanio (Ti), il bismuto (Bi), l’arsenico (As), l’antimonio (Sb), il manganese (Mn), il calcio (Ca), il potassio (K), il silicio (Si) e il sodio (Na), in parte provenienti dalla lega e in parte dall’ambiente. Grazie a questa analisi si è potuto avere un’idea abbastanza precisa della composizione elementare delle leghe, che ha permesso di effettuare una prima divisione dei campioni in tre raggruppamenti distinti: un primo gruppo, dove la lega è composta principalmente da rame e ferro, un secondo gruppo costituito dai pezzi che presentano una percentuale di ferro nettamente preponderante rispetto agli altri elementi ed un terzo comprendente i frammenti la cui lega è composta principalmente da rame e piombo in proporzioni variabili. È stata quindi eseguita un’analisi quantitativa su 21 campioni, scelti a loro volta sia tra i pani che tra i colaticci, come rappresentativi dei gruppi individuati. Questo ha permesso una divisione più raffinata dei frammenti in cinque raggruppamenti, come evidenziato nella tabella 1.

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Tabella 1 Risultati ottenuti dall’analisi LIBS quantitativa degli spettri sui relativi ai 21 campioni scelti.

 

Discussione dei risultati

I cinque gruppi individuati sono caratterizzati tutti dalla presenza nella lega di rame, ferro, piombo, stagno e argento (in percentuali variabili) e di elementi terrigeni come calcio, alluminio, magnesio, sodio, potassio e silicio. Nella figura 5 è mostrato il dendrogramma ottenuto per i frammenti analizzati; le concentrazioni di ogni elemento della composizione sono state normalizzate al loro massimo per avere un’analisi consistente dei campioni che, in questo modo, non viene influenzata dalle alte differenze di concentrazione tra gli elementi maggioritari e quelli in traccia. Nel grafico, i campioni che sono fortemente correlati tra di loro tendono ad appartenere allo stesso ramo. I vari raggruppamenti si dividono in base alla concentrazione dei principali elementi della lega, ad esempio si evidenzia un insieme caratterizzato da un’alta percentuale di rame (terzo gruppo), oppure un altro in cui il rame, lo stagno e il piombo sono presenti in percentuali variabili, ma sostanzialmente analoghe (quarto gruppo); inoltre risulta determinante la presenza o l’assenza di alcuni elementi minoritari come antimonio, arsenico, manganese, zinco e bismuto che possono fornire importanti indicazioni sulla provenienza dei minerali [Corsi et al. 2005; Giardino, 1996: Mosso, 1910; Tylecote, 1970; Tylecote et al., 1977].

Considerando la relativa omogeneità delle percentuali delle leghe all’interno dei raggruppamenti distinti è ipotizzabile che queste siano state create con un certo grado di volontarietà [Felli et al. 2002]. L’aggiunta di piombo, ad esempio, tende ad impoverire la lega come materia prima, ma allo stesso tempo la rende più duttile e malleabile, quindi più facilmente frazionabile, avvalorando l’ipotesi di una loro funzione simbolica e/o rituale. L’argento è presente sempre in piccole percentuali, inferiori al 2%, conseguentemente si può dedurre che non si tratti di una volontaria aggiunta nella lega, ma provenga da minerali polimetallici ricchi di solfati di rame, piombo, zinco argentiferi, presenti nelle Apuane, nei Monti della Tolfa, a Ponte S. Pietro nel territorio di Vulci, a Batignano, nei pressi di Roselle ed in particolare nelle zone di Campiglia Marittima e di Massa Marittima-Montieri, che è il principale giacimento di galena da cui si estrasse il piombo fin dall’epoca etrusca, per continuare in epoca romana, medioevale e ancora fino ai giorni nostri [Boni et al., 1975; Davies, 1935; Healy, 1978;]. L’arsenico, che è un semi-metallo, così come l’antimonio e il bismuto, non si trova in Etruria sotto forma di mineralizzazioni proprie, ma risulta presente in basse percentuali nelle mineralizzazioni polimetalliche. Per questo motivo si ritrova nei campioni, confermando così i risultati ottenuti che escludono la volontarietà della loro presenza nella lega. Il fatto però che l’arsenico si ritrovi solo in pochi campioni è imputabile alle modalità di conduzione dei processi estrattivi, nei quali si raggiungevano temperature molto elevate, che portavano alla sublimazione sia dell’arsenico che del suo ossido. Nei campioni in cui è stato ritrovato arsenico probabilmente questo procedimento non si è completato [Garagnani et al. 2002]. Lo zinco, infine, risulta del tutto assente in molti campioni, mentre in quelli dove lo si è trovato è in percentuali inferiori al 3%, quindi molto basse, per cui anch’esso è da collegare con quanto detto sulle mineralizzazioni polimetalliche: lo zinco, infatti, si accompagna molto spesso al piombo [D’Archiardi, 1927] e, d’altra parte, non è noto un uso ed una conoscenza specifica del minerale presso gli Etruschi.

Conclusioni

La mediazione del metallo nelle transazioni con ogni probabilità avveniva sulla base di unità di peso, determinate ogni volta attraverso l’uso della bilancia, e raggiunte attraverso la concorrenza di più pezzi, come si evince dalle fonti e si può supporre anche dall’alto numero di pesi ritrovati durante gli scavi. Le analisi dei pesi dei campioni di aes rude non hanno però fornito riscontri chiari circa il valore dell’unità che avrebbe formato questa scala ponderale [Cattani, 1987; Sorda, 1977]. Le analisi morfologiche hanno quindi restituito informazioni circa le tipologie presenti nel sito e le tecniche metallurgiche utilizzate in epoca etrusca, grazie anche ai risultati delle analisi LIBS, che hanno fornito nuovi dati sulle composizioni delle leghe sia di pani e lingotti, sia dei resti di fusione, permettendo anche di ipotizzare una volontarietà nella scelta delle leghe da utilizzare. Anche se i risultati ottenuti non permettono ancora di avere risposte certe circa le modalità di utilizzo e di scambio del metallo, tenuto conto anche del limitato numero di reperti analizzati in questo studio, il lavoro ha comunque il merito di aver caratterizzato in maniera completa i reperti studiati, sia per quanto riguarda gli esemplari formati, sia i resti di fusioni irregolari, ed ha confermato, inoltre, che l’analisi di questi materiali non può oggi prescindere da una verifica della composizione, qualitativa e quantitativa, dei metalli impiegati.

Ringraziamenti

I campioni analizzati in questo lavoro ed i relativi dati di scavo dell’abitato di Ghiaccio Forte sono stati gentilmente resi disponibili dal direttore dello scavo, il Dottor Marco Firmati, con l’autorizzazione della Sopraintendenza ai Beni Archeologici della Toscana e del Comune di Scansano.

 

Autori

M. Baldassarri
Università degli studi di Pisa – Dipartimento di Scienze Archeologiche

G. Cristoforetti, I. Fantozzi, M. Firmati, S. Legnaioli, V. Palleschi, A. Salvetti e E. Tognoni
CNR – Istituto per i Processi Chimico-Fisici, via G. Moruzzi 1, Pisa

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Fig. 1a
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Fig. 1b
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Fig. 1c
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Fig. 1d
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Fig. 1e
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Fig. 1f

 

Fig 1 – Foto di alcuni dei campioni analizzati: resti di fusione (a); porzioni di barre metalliche (b); pani circolari (c,d); pani fusi in forme bivalve (e); pani piano-convessi (f).

 

 

ponderale
Fig. 2 – Grafico dell’analisi ponderale di tutti i 183 frammenti che evidenzia degli addensamenti ponderali significativi intorno ai 7 e 8 g e ai 18-19 g.
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Fig. 3 – Grafico delle analisi ponderali relativi alle sole porzioni di pani rotondi e quadrangolari: su una scala di 1 grammo (a) e di 5 grammi (b).
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Fig.4 Foto di Modì (MObile Dual-pulse Instruments), strumento in grado di realizzare misure LIBS in situ.

 

 

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Fig. 5 Dendrogramma ottenuto per i 21 spettri LIBS analizzati: è possibile distinguere 5 diversi raggruppamenti.